Questo sottovalutato action thriller europeo trasforma una bugia in una spirale di inganni e tensione costante

Anche se nel nostro immaginario sono presenti soprattutto i film hollywoodiani, tutti gli appassionati sanno che è nelle produzioni indipendenti che spesso si trovano delle vere e proprie chicche nascoste, meritevoli di essere riscoperte e a volte addirittura più valide di titoli acclamati e premiati. Se siete alla ricerca di un thriller gelido e sorprendente, puntate lo sguardo verso la Norvegia: il film Headhunters – Il cacciatore di testepotrebbe fare al caso vostro.

Per la verità non si tratta esattamente di una pellicola sconosciuta: al momento dell’uscita, nel 2011, è diventato rapidamente il più grande successo al botteghino nella storia cinematografica della Norvegia, ed è stato apprezzato anche all’estero, ottenendo una nomination ai BAFTA per il Miglior film straniero. Tuttavia, non è certo un titolo di cui si sente parlare spesso, complice il fatto che in Italia non è mai arrivato al cinema, ma soltanto in televisione.

Diretto da Morten Tyldum e ispirato a un romanzo di Jo Nesbø, racconta la storia di Roger Brown, un businessman di successo che di mestiere fa l’headhunter, ossia il selezionatore di personale. All’apparenza la sua sembra una quotidianità fatta di lusso e agio, ma presto la maschera di Brown cade: in realtà vive al di sopra delle sue possibilità, e per farlo conduce una doppia esistenza. Per sostenersi, infatti, ruba dipinti di grande valore dalle abitazioni dei suoi candidati. Quando conosce Clas Greve, un ex dirigente che possiede in casa un raro dipinto di Rubens, l’uomo decide di tentare il tutto per tutto pur di accaparrarselo.

In un’epoca in cui ormai riusciamo a prevedere gran parte dei colpi di scena, questo thriller riesce a mantenere sempre alta l’attenzione e a spiazzare gli spettatori con la sua narrazione serrata, la freddezza quasi chirurgica, i suoi intricati e convoluti twist e persino con alcune scene di sorprendente violenza. L’aspetto più interessante, però, è sicuramente la capacità di unire uno script intelligente e avvincente a un ottimo lavoro di sviluppo dei personaggi, in particolare per quanto riguarda il protagonista. Brown non è né un’eroe né un affascinante antieroe: probabilmente, almeno nei primi minuti del film, vi ritroverete a disprezzarlo per il suo atteggiamento narcisista, falso e meschino. Ma niente è come sembra: avvenimento dopo avvenimento, la sceneggiatura riesce nel rarissimo miracolo di far empatizzare con un personaggio che non si ha alcuna ragione di amare, mentre lentamente perde il controllo e si trasforma da cacciatore a preda. Acuto e interessante anche il messaggio di critica sociale, che ruota attorno alle tematiche della reputazione e delle maschere che siamo costretti a indossare per farci strada in un mondo del lavoro spietato.

La buona notizia per chi non avesse mai avuto occasione di vederlo? Dopo molti anni di lavorazione, proprio recentemente Apple Original Films ha annunciato il remake americano, con Mark Wahlberg nei panni del protagonista. L’occasione perfetta per recuperare questo gioiello del genere thriller.

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