Questo film insostenibile vi farà venire voglia di premere pausa dopo 10 minuti

Il cinema horror è pieno di opere estreme, film che promettono di mettere alla prova anche gli spettatori più resistenti. Da A Serbian Film a Cannibal Holocaust, passando per The Human Centipede, il genere ha sempre esplorato limiti visivi e psicologici. Tuttavia, esiste un titolo che non ricorre alla violenza spettacolare o all’orrore convenzionale per scuotere lo spettatore: Begotten, il film sperimentale del 1989 che molti definiscono uno dei più disturbanti mai realizzati.
Un film che, per intensità visiva e forza simbolica, potrebbe farvi venire voglia di premere “pausa” dopo appena dieci minuti.

Diretto da E. Elias Merhige, Begotten è stato descritto come una sorta di “mito della creazione” messo in scena attraverso un incubo primordiale. Le prime immagini bastano per destabilizzare: in un ambiente spoglio e degradato, una figura mascherata – la rappresentazione di Dio – si infligge violente mutilazioni fino a togliersi la vita. Dal suo corpo martoriato nasce Mother Earth, che dà origine a un figlio deforme, Son of Earth. Da qui comincia un viaggio nella disperazione, nella brutalità e nella violenza ciclica che attraversa un mondo senza redenzione.

Eppure, il vero potere del film non è ciò che mostra, ma come lo mostra. Begotten è interamente girato in bianco e nero sovraesposto, con un’immagine volutamente degradata che rende ogni gesto ancora più macabro, ma anche più metaforico. La fotografia abbagliante, sporca e disturbante trasforma le sequenze in visioni quasi astratte: lo spettatore non vede tutto, e proprio per questo immagina il peggio.
È un’esperienza sensoriale estrema che non concede tregua, e il ritmo lento, quasi ipnotico, intensifica la sensazione di trovarsi davanti a qualcosa di proibito.

La violenza non è fine a sé stessa. Il film costruisce una parabola simbolica sulle radici dell’umanità, sul rapporto tra creazione e distruzione, e sul modo in cui gli esseri umani devastano ciò che dovrebbero proteggere. Mother Earth e suo figlio diventano figure sacrificiali, vittime di una tribù di nomadi che li tortura e li umilia senza pietà. È un’umanità primitiva e crudele, costantemente in guerra con sé stessa e con il mondo naturale.
Begotten non racconta semplicemente la morte del divino: racconta l’incapacità degli esseri umani di vivere senza trasformare la creazione in rovina.

Nonostante la sua natura estrema, il film è stato rivalutato grazie a una sostenitrice d’eccezione: la celebre critica Susan Sontag, che lo definì un “metaphysical splatter film” e lo presentò al Festival di Berlino. La sua attenzione contribuì a trasformare l’opera da oggetto quasi clandestino a film di culto all’interno del cinema sperimentale.

Begotten resta un’opera unica: disturbante, disorientante, eppure impossibile da dimenticare. Non ha la struttura narrativa tradizionale di un horror, né la volontà di intrattenere. È un’esperienza che si subisce più che si guarda, un film che sembra fatto apposta per mettere alla prova la soglia di sopportazione dello spettatore. E per molti, resistere oltre i primi dieci minuti è già una sfida.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Visite totale 6 , 6 visite oggi
Scorri verso l'alto