Late Fame, quando la fama tardiva illumina le ombre di New York
Kent Jones, regista con una solida esperienza come critico cinematografico e direttore del New York Film Festival, ci regala con “Late Fame” un’opera delicata e profonda, presentata in anteprima alla 82a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti e che sarà distribuita in Italia da I Wonder Pictures. Jones, noto anche per il documentario “Hitchcock/Truffaut” e il dramma “Diane”, si avvale di un cast eccezionale: Willem Dafoe, attore simbolo della scena artistica newyorkese con una carriera costellata di ruoli iconici, e Greta Lee, reduce dal successo di “Past Lives”, affiancati da un convincente Edmund Donovan. “Late Fame” è un adattamento di un racconto di Arthur Schnitzler, rivisitato in chiave moderna dalla sceneggiatrice Samy Burch (“May December”), che esplora temi di identità e notorietà sullo sfondo vibrante e malinconico di una New York divisa tra passato e presente.
Un cast in stato di grazia: Dafoe e Lee incantano
Willem Dafoe offre una performance magistrale nei panni di Ed Saxberger, un uomo che ha assaporato la fama in gioventù per poi ritirarsi in una vita modesta. Dafoe riesce a comunicare con sottile intensità il conflitto interiore del suo personaggio, diviso tra l’eccitazione per questa inaspettata rinascita artistica e la consapevolezza del tempo trascorso e delle occasioni perdute. La sua interpretazione è naturale, mai sopra le righe, e conferisce al personaggio una profondità e una credibilità rare. Greta Lee, dal canto suo, incarna Gloria, un’attrice enigmatica e affascinante, con una presenza scenica magnetica che cattura lo sguardo dello spettatore.
Lee dona al suo personaggio una profondità inaspettata, celando dietro una facciata di sicurezza e glamour una fragilità e una disillusione di fondo. La sua performance è un mix perfetto di sensualità, ironia e malinconia, che la rende uno dei punti di forza del film. Anche Edmund Donovan, nel ruolo di Wilson Meyers, offre una prova notevole, tratteggiando un personaggio ambiguo, a tratti ridicolo, ma sempre sincero nella sua passione per l’arte e la letteratura. Un plauso va anche agli altri interpreti, tra cui Tony Torn e Michael Everett Johnson, che arricchiscono il film con brevi ma significative apparizioni.
L’incontro tra due mondi: la poetica del passato e le ambizioni del presente
continua a leggere dopo la pubblicità
“Late Fame” racconta l’incontro tra Ed Saxberger, un poeta dimenticato che lavora come impiegato postale, e un gruppo di giovani artisti che lo considerano un genio incompreso. La sceneggiatura di Samy Burch esplora con intelligenza le dinamiche che si creano tra questi due mondi apparentemente inconciliabili: da un lato, la New York bohémien degli anni ’70, fatta di locali fumosi, loft squallidi e aspirazioni artistiche genuine; dall’altro, la scena culturale contemporanea, dominata da influencer, social media e una certa superficialità. Il film mette in luce le differenze generazionali, ma anche le aspirazioni comuni, le paure e le insicurezze che accomunano gli artisti di ogni epoca. Burch riesce a tradurre in immagini la complessità del testo di Schnitzler, creando dialoghi brillanti e situazioni ironiche che fanno riflettere lo spettatore.
La regia di Kent Jones: un’ode visiva a New York
La regia di Kent Jones è un vero e proprio atto d’amore verso New York. Il regista cattura l’anima della città, mostrando sia la sua bellezza che la sua decadenza, sia il suo fascino storico che le sue contraddizioni contemporanee. Jones utilizza una fotografia dai toni caldi e malinconici, che evoca l’atmosfera dei film di Woody Allen e di Martin Scorsese. La sua regia è attenta ai dettagli, ai gesti, agli sguardi dei personaggi, e riesce a creare un’atmosfera intima e coinvolgente.
Particolarmente efficace è l’uso della musica, con brani di Lou Reed e di altri artisti che hanno segnato la storia della musica newyorkese. Jones si dimostra un regista sensibile e capace, in grado di raccontare storie complesse con uno stile elegante e raffinato. La sua esperienza come critico cinematografico traspare nella cura per la messa in scena, nella scelta degli inquadrature e nel ritmo narrativo, che rendono “Late Fame” un film piacevole da vedere e da ricordare.
Oltre la fama: temi di identità, redenzione e ricerca di significato
“Late Fame” affronta temi universali come la ricerca di identità, la redenzione e la ricerca di significato nella vita. Il film ci invita a riflettere sul valore dell’arte, sul rapporto tra passato e presente, sulla difficoltà di inseguire i propri sogni e sulla necessità di accettare i propri limiti. Ed Saxberger è un personaggio complesso e sfaccettato, che incarna le fragilità e le contraddizioni dell’essere umano. La sua storia è un esempio di come sia possibile trovare la felicità anche in età avanzata, riscoprendo una passione sopita e aprendosi a nuove esperienze. Il film ci suggerisce che la fama non è tutto, e che la vera ricchezza si trova nei rapporti umani, nell’amore per l’arte e nella capacità di apprezzare le piccole cose della vita. “Late Fame” è un film che parla al cuore dello spettatore, lasciando un segno indelebile nella sua memoria.
Un ritratto malinconico e realistico della scena artistica newyorkese
continua a leggere dopo la pubblicità
Kent Jones dipinge un ritratto vivido e autentico della scena artistica newyorkese, senza indulgere in facili stereotipi o idealizzazioni. Il regista mostra le contraddizioni e le ipocrisie del mondo dell’arte, ma anche la passione, l’energia creativa e la voglia di esprimersi che animano gli artisti, giovani e meno giovani. “Late Fame” è un film che parla di sogni, di delusioni, di seconde occasioni, di amicizia e di amore, sullo sfondo di una città in continua trasformazione.
“L’effimero incanto della ribalta”: un finale amaro ma realistico
Il finale di “Late Fame” è amaro ma realistico. Ed Saxberger, dopo aver assaporato l’effimero incanto della ribalta, torna alla sua vita di sempre, consapevole che la fama è un fuoco di paglia che si spegne rapidamente. Il film ci lascia con un senso di malinconia, ma anche con una profonda ammirazione per la dignità e la resilienza del protagonista, un uomo che ha saputo accettare i propri limiti e trovare la felicità nelle piccole cose della vita.
Cosa mi è piaciuto:
- L’interpretazione superba di Willem Dafoe e Greta Lee, capaci di dare vita a personaggi complessi e sfaccettati, con una naturalezza e una profondità rare.
- La regia ispirata e sensibile di Kent Jones, che riesce a creare un’atmosfera intima e coinvolgente, valorizzando al massimo le potenzialità del cast e della sceneggiatura.
- La sceneggiatura è intelligente e raffinata di Samy Burch, che esplora con delicatezza e profondità i temi dell’arte, della fama, della redenzione e della ricerca di significato nella vita.
- Il ritratto vivido e autentico della scena artistica newyorkese, con le sue luci e le sue ombre, le sue passioni e le sue contraddizioni.
- La colonna sonora evocativa e malinconica, che accompagna le immagini e amplifica le emozioni, contribuendo a creare un’esperienza cinematografica indimenticabile.
Cosa si sarebbe potuto fare meglio:
- Il percorso narrativo, pur ben costruito, sfocia in un epilogo che, per quanto coerente, potrebbe risultare prevedibile per lo spettatore più smaliziato.
- Alcuni personaggi di contorno, pur ben delineati, avrebbero beneficiato di un maggiore approfondimento psicologico per arricchire ulteriormente il tessuto narrativo.
- La vicenda familiare di Ed, pur accennata, rimane sullo sfondo, lasciando allo spettatore la curiosità di conoscere meglio il suo passato e le sue motivazioni.
Si tratta, in ogni caso, di sfumature che non intaccano la bellezza e la profondità di un’opera cinematografica di notevole pregio
Verdetto finale:
“Late Fame” è un film toccante e intelligente, che esplora con delicatezza e profondità i temi dell’arte, della fama e della redenzione. Un’opera da non perdere per gli amanti del cinema indipendente e per chiunque voglia riflettere sul significato della vita e sulla ricerca della felicità.
<!–
–>