KPop Demon Hunters film, recensione anime musicale su Netflix

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KPop Demon Hunters, recensione del film animato musicale disponibile su Netflix

KPop Demon Hunters è il nuovo film d’animazione fantasy/musical diretto da Chris Appelhans e Maggie Kang, prodotto da Sony Pictures Animation e distribuito in esclusiva streaming su Netflix dal 20 giugno. La pellicola, con un ricco cast di doppiatori tra cui Arden Cho, Ahn Hyo-seop, May Hong, Ji-young Yoo, Yunjin Kim, Daniel Dae Kim, Ken Jeong e Byung-hun Lee, fonde azione sovrannaturale, umorismo autoconsapevole e canzoni k-pop orecchiabili all’interno di un racconto che celebra la cultura pop sudcoreana e il potere trasformativo della musica e dell’identità. Il risultato? Un viaggio colorato tra palchi sfavillanti, creature demoniache e un’esplosione di emozioni.

Trama: dalle luci del palco alle ombre dei demoni

Al cuore della storia troviamo Huntrix, un trio di idol k-pop apparentemente come tanti… se non fosse che, dietro luci, coreografie e lustrini, nascondono una seconda vita: sono cacciatrici prescelte per proteggere l’umanità dal re dei demoni Gwi-Ma. Armate di abilità canore e strumenti magici a tema pop, le ragazze creano un campo di forza chiamato Honmoon per fermare le forze oscure, con la speranza di realizzare un giorno la mitica Golden Honmoon che potrà tenerle al sicuro per sempre.

Il gruppo è composto dalla talentuosa leader Rumi, la visual e ballerina Mira e la rapper esplosiva Zoey, unite da un legame profondo quanto quello di una famiglia – e da segreti che rischiano di distruggerla. Quando la nuova boy band, i demoniaci e irresistibili Saja Boys, minaccia sia la loro popolarità sia la sicurezza del mondo, Rumi deve anche fare i conti con la propria identità, metà umana e metà demoniaca, e con un passato mai davvero affrontato.

Un prologo rapido e coinvolgente

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Il film conquista fin dall’inizio grazie a un prologo che va dritto al punto: in meno di un quarto d’ora ci vengono spiegate le regole del mondo, tra leggende ancestrali e metafore musicali, catapultandoci subito nell’azione, nei drammi e nel fandom competitivo che caratterizza la scena k-pop attuale. Non mancano momenti di autoironia sulle esagerazioni dei talent show, le rivalità tra band e le dinamiche – davvero “over the top” – dei fan.

Animazione, stile e colore: quando il pop diventa arte

In pieno stile Sony Pictures Animation, l’aspetto visivo è uno degli elementi più entusiasmanti. L’animazione è un tripudio di colori saturi, ritmi serrati, scene coreografate come veri e propri videoclip, e inserti degni dei migliori webtoon e manhwa. Le linee marcate e le pose dinamiche dei personaggi danno energia a ogni sequenza, mentre i dettagli – dagli outfit delle Huntrix ai movimenti da “idol” coreani – sono curati con passione e conoscenza del genere.

Particolarmente riuscite sono le transizioni visive durante i combattimenti musicali, che alternano la serietà della lotta all’assurdità del contesto pop, creando un’atmosfera surreale e irresistibile. Non manca, come da tradizione, il supporto di mascotte spiritose in pieno folklore coreano, tra cui un demone tigre sorridente e un corvo col cappellino.

Musica e coreografie: un soundtrack per veri idol (e non solo)

La dimensione musicale del film gioca un ruolo chiave: i brani di Huntrix sono composti da canzoni pop originali, memorabili anche per chi non è affezionato al genere, e le performance sono accompagnate da coreografie curate che strizzano l’occhio tanto ai BTS quanto a Blackpink e Twice. La presenza di produttori internazionali e artisti come EJAE e Rei Ami, e il mix di inglese e coreano, rendono la colonna sonora irresistibilmente globale.

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Oltre alle hit eseguite dalle Huntrix, spiccano anche i momenti musicali delle Saja Boys e un duetto emozionante tra Rumi e Jinu, che aggiunge una dimensione intima e sentimentale alla narrazione, sottolineando i temi della dualità e dell’accettazione.

Personaggi e voci: carisma, ironia e introspezione

Uno dei punti di forza è la caratterizzazione delle protagoniste: Rumi, Mira e Zoey sono più che semplici archetipi, e grazie alle ottime interpretazioni vocali – su tutte Arden Cho nel ruolo di Rumi – prendono vita con sfumature che spaziano dalla comicità alla vulnerabilità. La dinamica fra le ragazze è rappresentata in modo vibrante e realistico, tra battute affettuose e momenti di confronto sincero.

Anche i villain, in particolare Jinu, risultano originali e complessi: la sua storia, da umano caduto per sete di fama a demone tormentato, aggiunge profondità alla narrazione e crea un curioso “specchio” per la protagonista. A supporto, Ken Jeong, Daniel Dae Kim e Yunjin Kim regalano momenti di comicità e umanità, arricchendo il cast di comprimari.

Messaggi e tematiche: accettare se stessi e l’altro

Il film utilizza la sua estetica frizzante e pop per affrontare, in modo sorprendentemente maturo, il tema dell’identità. Rumi deve imparare a convivere con le sue origini e accettare la parte di sé che la rende diversa, proprio come ognuno di noi deve venire a patti con i propri “demoni” – emozioni, errori, paure – per poter brillare davvero. La metafora musicale diventa così un inno alla diversità, alla tenacia nel raggiungere i propri sogni e al potere del gruppo, che sia una band o una comunità di fan.

L’universo k-pop e I riferimenti pop: un gioco per fan (e non solo)

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KPop Demon Hunters è un vero festival di autoironia e citazionismo: oltre alle strizzate d’occhio a Buffy, Powerpuff Girls, Charlie’s Angels e Scott Pilgrim, abbondano riferimenti a vere dinamiche della fan culture, dai cambi repentini di fandom, ai meme visuali che scorrono sullo schermo (ad esempio la gag delle pupille che diventano cuoricini o addominali). Questi dettagli rendono il film godibilissimo per chi segue il mondo k-pop, ma non risultano mai esclusivi: la scrittura tiene sempre saldo il tono leggero e accessibile a tutti.

Pregi e limiti: tra leggerezza e profondità

Il ritmo serrato e il tono allegro fanno sì che lo spettatore si lasci trasportare, ma in alcuni momenti la narrazione sacrifica una maggiore profondità psicologica e qualche passaggio chiave (ad esempio la storia della madre di Rumi) viene risolto troppo in fretta. Sarebbe stato interessante approfondire ulteriormente la lore demoniaca e il background della protagonista, magari offrendo più spazio alle compagne di gruppo, spesso relegate a spalla comica fino al gran finale.

KPop Demon Hunters non è solo un divertissement, ma una brillante animazione musicale, capace di alternare risate e momenti di tenerezza, con una produzione curatissima che mette d’accordo grandi e piccoli, amanti e neofiti del genere k-pop. Un film che cita la contemporaneità e che, pur nella sua leggerezza, lancia messaggi profondi sull’accettazione e la forza della comunità.

Cosa mi è piaciuto

  • Animazione esplosiva e coreografata in modo originale
  • Colonna sonora irresistibile e integrata nella trama
  • Personaggi principali carismatici e dialoghi frizzanti
  • Umorismo genuino e momenti di vera dolcezza emotiva

Cosa si sarebbe potuto fare meglio

  • Approfondire la storia personale di Rumi e le origini del mondo di gioco
  • Sviluppare maggiormente i personaggi di contorno, spesso lasciati sullo sfondo
  • Gestire con più equilibrio alcune svolte narrative ed emotive

Verdetto finale

KPop Demon Hunters è un’esplosione di fantasia, musica e colori, una ventata di originalità nel panorama dell’animazione che saprà conquistare il pubblico tra combattimenti, pop e momenti di introspezione. Consigliatissimo per chiunque abbia voglia di una pellicola fresca, brillante e con un grande cuore, da vedere e – soprattutto – ascoltare su Netflix!

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