Nel Signore degli Anelli, il male ha sempre avuto un volto ben preciso: quello di Sauron, il Signore Oscuro, colui che incarna la corruzione, la paura e il potere assoluto. Fin dal prologo del primo film di Peter Jackson, la sua figura imponente e muta, nascosta sotto un’armatura nera, è stata sinonimo di terrore invincibile. Eppure, in una delle scene più sottovalutate della trilogia, quattro semplici parole hanno incrinato per sempre quell’immagine di onnipotenza. Una frase quasi sussurrata, che ha cambiato tutto ciò che credevamo di sapere sul più grande villain della Terra di Mezzo.
Nella versione estesa de Le Due Torri, Gandalf dice ad Aragorn: «Sauron ti teme, Aragorn». Quattro parole che ribaltano una prospettiva costruita su anni di paura e leggende. Perché se il Signore Oscuro può provare timore, allora non è un dio invincibile, ma un essere vulnerabile. La sorpresa dello spettatore di fronte a questa rivelazione rispecchia quella del lettore dei romanzi di J. R. R. Tolkien, dove un concetto simile viene espresso nel capitolo Il passaggio della Compagnia Grigia de Il ritorno del re. Aragorn, parlando di Sauron, afferma che «non è ancora così potente da essere al di sopra della paura». Una frase che Tolkien inserisce con precisione chirurgica, perché in essa si cela il cuore stesso del suo pensiero sul male: ciò che è corrotto, per quanto terribile, resta destinato a temere la propria fine.
Le ragioni di questa paura affondano nelle origini stesse del conflitto. Sauron aveva già conosciuto la sconfitta per mano degli antenati di Aragorn. Fu Elendil, insieme al Re Supremo Gil-galad, a ferirlo gravemente nell’ultima battaglia dell’Alleanza, permettendo poi a Isildur di tagliargli l’Unico Anello dal dito. Quella ferita, fisica e simbolica, non si rimarginò mai davvero: privato del suo corpo, Sauron impiegò millenni per ricostruirsi una forma, legando ogni frammento del suo potere al destino dell’Anello – come abbiamo visto anche nella serie Gli Anelli del Potere. Quando, secoli dopo, Aragorn brandisce Andúril, la spada riforgiata dalla stessa lama che lo sconfisse, il terrore del Signore Oscuro riaffiora. Non è un caso che, quando l’erede di Isildur lo sfida attraverso il palantír, Sauron reagisca con rabbia e sospetto, convinto che il suo nemico abbia reclamato l’Anello per sé.
Dietro la maschera di potenza, dunque, Tolkien ci mostra un essere fragile, terrorizzato dalla memoria del passato e dall’inevitabilità della sconfitta. È proprio questa paura a rendere possibile la vittoria della Compagnia: la battaglia del Cancello Nero funziona perché Sauron, accecato dal desiderio di distruggere Aragorn, concentra tutta la sua attenzione su di lui, permettendo a Frodo di completare la missione. Con quella frase, «Sauron ti teme, Aragorn», Jackson e Tolkien ci ricordano che anche il male assoluto può tremare. Non per debolezza, ma perché sa di essere mortale. E in quell’attimo di paura, la speranza trova la sua strada.
Leggi anche: Questa scena del Signore degli Anelli è in assoluto la più spaventosa della saga
© RIPRODUZIONE RISERVATA

