Esistono molti film che hanno saputo lasciare lo spettatore in uno stato di profondo sconforto – da Una tomba per le lucciole a Requiem for a Dream – ma nessuno è riuscito a incarnare la disperazione assoluta come Ipotesi sopravvivenza(Threads), il film per la televisione prodotto dalla BBC nel 1984 e spesso definito «il più deprimente di tutti i tempi». A quarant’anni dalla sua uscita, resta una delle opere più sconvolgenti mai realizzate sul tema dell’apocalisse, un’esperienza che ancora oggi terrorizza più di qualunque horror moderno.
Diretto da Mick Jackson e scritto da Barry Hines, Threads immagina le conseguenze di una guerra nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, concentrandosi sulla città industriale di Sheffield e sui suoi abitanti comuni. Niente eroi, niente colpi di scena, nessuna speranza di salvezza: il film mostra con precisione documentaristica come la società collassa in poche settimane, tra carestie, violenza e contaminazione. È un racconto asciutto, glaciale e privo di concessioni emotive, in cui la fine del mondo non arriva con un’esplosione spettacolare, ma con il lento esaurirsi dell’umanità.
A renderlo così disturbante è anche il suo stile: Threads adotta un linguaggio semidocumentaristico fatto di didascalie, voci fuori campo e finte trasmissioni televisive, un approccio che amplifica la sensazione di realtà e ci trascina in un incubo privo di catarsi. Ogni dettaglio è studiato per sembrare autentico, e proprio questa credibilità lo rende spaventoso: non c’è nulla di “cinematografico” nel modo in cui il mondo finisce, solo una sequenza di eventi che appaiono terribilmente plausibili.
Nonostante la sua “età” e la messa in scena essenziale, Threads è ancora oggi un film di un’attualità inquietante. Le immagini di distruzione e degrado risuonano con le paure contemporanee – dal rischio di conflitti atomici alle crisi climatiche – e ricordano quanto sia fragile la nostra civiltà. Oggi, il cinema post-apocalittico tende spesso a spettacolarizzare la catastrofe, mentre il film di Mick Jackson è una lezione di sobrietà e verità: la fine non è eroica, né liberatoria, ma un lento e silenzioso annientamento.
La disperazione che attraversa Threads non lascia scampo nemmeno dopo i titoli di coda. Non c’è una morale nè alcun messaggio di speranza, solo l’eco di un mondo perduto per sempre. Per questo, a più di quarant’anni dalla sua prima messa in onda, resta una delle esperienze cinematografiche più devastanti di sempre: un promemoria angosciante di ciò che potremmo perdere – e di quanto poco serva per perdere tutto.
Fonte: MovieWeb
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