Il falsario, nuovo film di Stefano Lodovichi, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma come uno dei titoli dalla natura più complessa e potenzialmente divisiva del programma. L’opera intreccia infatti politica, criminalità e fragilità individuali per raccontare l’enigmatica figura di Tony Chichiarelli, falsario di Stato legato ad alcuni dei capitoli più oscuri dell’Italia degli anni Settanta. e lo fa con un cast corale che schiera nomi come Pietro Castellitto, Giulia Michelini, Andrea Arcangeli, Pierluigi Gigante, Aurora Giovinazzo, Edoardo Pesce e Claudio Santamaria.
«Il falsario nasce più di dieci anni fa da un’idea di Riccardo Tozzi» ha raccontato Lodovichi, ripercorrendo la genesi del progetto. «Il personaggio di Chichiarelli è ambiguo, sfuggente, difficile da definire. È uno di quei ragazzi che in quegli anni non prendevano posizione, e alla fine la storia lo travolge. È un avventuriero, qualcuno che sfiora tutto e tutti, e che viene risucchiato dentro la Storia con la “S” maiuscola.»
La costruzione del film ha richiesto anche scelte narrative precise rispetto alla realtà: «Le fonti su Chichiarelli sono spesso contraddittorie», spiegano gli autori. «Tocca un po’ tutto, per alcuni era vicino ai fascisti, per altri ai brigatisti, passando per i Servizi Segreti e il rapimento Moro. Ha messo il piede un po’ ovunque senza mai troppo apparire. Abbiamo unito elementi reali e invenzione drammaturgica perché ciò che ci interessava era capire il talento, l’ambizione e la caduta di un ragazzo che entra in un gioco più grande di lui.»
Al centro del film c’è Pietro Castellitto, chiamato a incarnare l’ambiguità e il tormento del falsario. In conferenza stampa l’attore ha riflettuto su come sia cambiato, oggi rispetto agli anni ’70, il rapporto tra giovani e politica: «Quelli erano anni in cui la possibilità di cambiare la storia era più autentica e forte. Ho sempre avuto la sensazione che la mia generazione si percepisse come dentro un libro di storia a metà, dove anche le pagine davanti erano già scritte», ha spiegato. «Invece negli anni Settanta le pagine erano bianche e si voleva riempirle. Questo generava un ambiente più feroce, ma anche più vitale. Oggi forse siamo tutti un po’ più rassegnati.»
Nel film, Toni si muove tra diversi mondi — e a incarnarli sullo schermo ci pensa un cast che ha saputo dare identità precise a ogni fronte di quell’Italia lacerata. Edoardo Pesce, che interpreta Balbo, ha spiegato: «Rappresento l’archetipo della criminalità romana, il volto della Banda della Magliana. È il mondo crime nel quale Toni precipita.»
Su un altro fronte, quello dei servizi segreti deviati, c’è Claudio Santamaria, che ha raccontato: «Ho immaginato un uomo che agisce con ambizione, ma anche con ideologia. In quegli anni c’era una vera battaglia politica, non solo criminale.»
Accanto ai personaggi maschili, il film dedica spazio anche a figure femminili complesse, lontane dal ruolo marginale che spesso la cronaca attribuiva alle donne dell’epoca. Giulia Michelini, interprete di Donata, ha sottolineato: «È un personaggio forte, moderno, ambizioso. Una donna che sa riconoscere il pericolo e sceglie la sopravvivenza. Lei e Toni si assomigliano perché condividono la stessa necessità di riscatto.»
A dare equilibrio a questo mosaico, il punto di vista produttivo. Tinny Andreatta ha spiegato: «Ci affascinava l’idea di raccontare gli anni Settanta con uno sguardo inedito: un decennio pieno di contraddizioni e domande irrisolte, ma anche di energia vitale. Volevamo farlo attraverso personaggi giovani, provinciali, capaci di restituire quel mondo in modo fresco e non istituzionale.»
Tra verità storica e reinvenzione, tra memoria collettiva e tensione narrativa, Il falsario si presenta così come un noir politico e umano allo stesso tempo, affacciato sui punti ciechi del Paese. Un racconto sulla fascinazione del potere e sulle scelte che segnano una vita — anche quando arrivano fuori tempo massimo.
Foto: Getty (Daniele Venturelli)
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