House of the Dragon – Il particolare confronto con Breaking Bad

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Cosa hanno in comune House of the Dragon e Breaking Bad?

Niente, all’apparenza. E in gran parte dei casi, anche se entra nel merito della questione. Prima di avventurarvi con strane teorie – anche se immaginiamo che alcuni dei clienti di Walter White possano aver visto davvero dei draghi, o aver avuto visioni simili a quelle di Daemon – vi fermiamo subito: la questione è molto più semplice di così. Grazie, soprattutto, al lavoro portato avanti da Melissa Bernstein, produttrice esecutiva di House of the Dragon che aveva già collaborato in passato con i team di Breaking Bad e Better Call Saul.

L’obiettivo, tra i tanti? Portare un po’ di Breaking Bad in House of the Dragon.

Obiettivo centrato, secondo quanto sostenuto dalla produttrice all’interno di un’interessante intervista rilasciata al The Hollywood Reporter. Questi sono alcuni dei passaggi principali, in tal senso.

Ho un passato nella televisione di qualità dal forte storytelling. Quindi ho lavorato a House of the Dragon per partecipare a quell’aspetto dello show e per concentrarmi sulla storia e sulla narrazione, assicurandomi al tempo stesso che le bellissime sceneggiature scritte venissero rispettate.

Melissa Bernstein ha sempre avuto una priorità: evidenziare le sfaccettature della natura umana.

“Non si trattava tanto di dire: ‘Abbiamo fatto questa specifica gag [in Breaking Bad]”, oppure ‘Questo è il modo in cui abbiamo affrontato questo particolare tipo di sequenza’. Si trattava piuttosto di quei fondamenti filosofici su come si comportano le persone reali: ‘Se tu fossi in questa situazione, cosa faresti?’. Si trattava quindi di assicurarsi che gli obiettivi fossero basati su emozioni e inclinazioni umane reali. Che ci siano draghi o che ci si trovi nell’Alto Medioevo, si tratta sempre della natura umana.

Il mio obiettivo era quindi quello di assicurarmi che le scene, gli archi [narrativi] e le trame fossero fedeli a ciò che siamo come persone, alla nostra umanità e alla nostra esperienza su questo pianeta. Per me è questo che fa funzionare una storia. Quindi è sicuramente questo il punto su cui tornerei con Ryan Condal [creatore e produttore di House of the Dragon], Sarah Hess [produttrice esecutiva] e il loro team”.

Importante, in tal senso, anche il lavoro fatto sui personaggi della seconda generazione, a partire da Aegon (ma anche Aemond e tutti gli altri).

“Nella seconda stagione si conosce meglio la generazione più giovane. Questo aiuta il pubblico a investire di più in una delle due fazioni. Per esempio, imparando a conoscere il re Aegon II, si inizia a capire il suo carattere. E a percepire la sua vulnerabilità e il suo desiderio di fare bene, ma si vedono anche i difetti della sua educazione. Quindi penso che si inizi a capire che non è così semplice il fatto che Rhaenyra debba essere la vincitrice. Si inizia a capire la famiglia e a far sembrare il tutto un dramma shakespeariano.

Si capisce davvero da dove vengono tutti in queste scene splendidamente scritte e messe in scena. Questo rende più difficile dire che si tratti di una squadra o dell’altra [la legittima pretendente al trono]. Quando si capisce da dove vengono i personaggi, in un certo senso, si rende ogni cosa molto più complicata e interessante”.

Insomma, un lavoro di costruzione molto attento. Con un risultato evidente: al di là delle critiche, il lavoro fatto sulla seconda stagione di House of the Dragon è davvero ottimo.





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