Eddington, il film coraggioso, caotico e “terrificante”di Ari Aster
Dimentichiamo l’America delle meraviglie, quella patinata che gli anni Ottanta ci avevano insegnato ad amare attraverso il cinema e la televisione. Con Eddington, Ari Aster ci trascina nel cuore di un’America devastata, inquieta, sull’orlo del collasso. Un film coraggioso e caotico, che mette a nudo le crepe di un Paese incapace di riconoscersi, ambientato nell’estate del 2020, nel pieno della pandemia, in un piccolo e dimenticato paesino del New Mexico.

Un microcosmo del disastro americano
A Eddington, lo sceriffo Joe Cross (Joaquin Phoenix) fatica ad accettare le nuove regole imposte dalle misure anti-Covid, persino l’uso della mascherina. In netto contrasto con lui, il sindaco progressista e ipocrita Ted Garcia (Pedro Pascal) cerca di modernizzare la cittadina introducendo le prime tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.
Nel mondo deformato dalla pandemia, Aster mette in scena una società allo sbando, un’America che non è più – o forse non è mai stata – quella del Sogno Americano. In una comunità di appena 2.345 abitanti, tra retrogradi, sette e falsi progressisti, vige la legge del “tutti contro tutti”, dove l’ideale del self made man implode sotto il peso dell’individualismo.
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“Un western dove le pistole sono i cellulari”. Viviamo dentro le nostre bolle social, intrappolati nei feedback virtuali che scambiamo per realtà. “Eddington è una sorta di western dove le pistole sono i cellulari”, afferma Aster. E in effetti, sebbene le armi ci siano eccome e molte sequenze ricordano i videogiochi di GTA, tutto vive online. Le dirette social, le riprese degli contri in streaming, la violenza che si trasforma in spettacolo. Lo scontro tra Cross e Garcia diventa presto politico. Lo sceriffo decide di candidarsi a sindaco, innescando una spirale di odio e radicalizzazione che esplode nelle piazze e online, mentre sullo sfondo si muovono i giovani in cerca di una parvenza di normalità, di amore e di contatto umano in uno dei periodi più alienanti della nostra epoca.
Un cast corale e simbolico
Accanto a Phoenix e Pascal, un cast d’eccezione: Emma Stone, Austin Butler, Luke Grimes, Deirdre O’Connell, Micheal Ward, Clifton Collins Jr., William Belleau, Amélie Hoeferle, Cameron Mann e Matt Gomez Hidaka.
Quella che inizia come una dark comedy si trasforma progressivamente in un horror sociologico. Tutto ciò che vediamo è reale, e proprio per questo fa paura: Eddington racconta le radici dell’America di Trump nel 2025, un Paese disilluso, arrabbiato, diviso. “Non è divertente”, dice Aster, “ma è totalmente assurdo il tempo che stiamo vivendo”. Il film non giudica: osserva, analizza, restituisce allo spettatore un caos in cui ogni elemento – pandemia, movimenti sociali (Black Lives Matter), armi, sette – ha lo stesso peso nella costruzione dell’America contemporanea.
Trauma, fede e manipolazione
Aster individua nella tecnologia e nella paura collettiva i nuovi strumenti di controllo. L’individualismo nasce dal trauma, e dal trauma nasce la setta. Vernon Jefferson Peak (Austin Butler) è il leader carismatico di un culto con un vasto seguito online: si presenta come vittima di abusi e offre consolazione ai suoi adepti. Louise (Emma Stone), la moglie dello sceriffo, ne resta affascinata, prigioniera com’è di una vita in cui non si sente compresa.
Vernon è un moderno pifferaio magico che guida il suo camper hippy moderno per le strade del New Mexico, seguito da un gruppo di devoti manipolati dal dolore. Intanto Joe, determinato e testardo, si rifugia nei suoi vice, Guy Tooley (Luke Grimes) e Michael Cooke (Micheal Ward), i quali incarnano le tensioni razziali e sociali che infiammano il Paese all’arrivo delle proteste del Black Lives Matter.
Emma Stone, il volto più umano del caos
Emma Stone regala una breve interpretazioni ma tra le più intense del film. Louise è fragile, chiusa, rifugiata nelle sue bambole e nelle teorie cospirative online. Vittima di un isolamento mentale e familiare che riflette quello collettivo della pandemia. “La creazione di bambole è il modo in cui Louise esprime se stessa”, spiega l’attrice. “Non si sente capita né da suo marito né da sua madre”.
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A condividere la casa con la coppia c’è infatti Dawn (Deirdre O’Connell), madre di Louise, anche lei inghiottita dalle teorie del complotto. Costretti al lockdown, i tre vivono una convivenza forzata e tossica, simbolo di un’America divisa anche dentro le mura domestiche.
Aster aveva già esplorato il tema del culto e della fede cieca in Midsommar, ma in Eddington lo porta su un piano ancora più familiare e sociale. La sua regia, sempre più matura, mescola il linguaggio del western e quello del thriller psicologico, fino a un finale esplosivo, quasi da Wild West anni ’80, girato con precisione maniacale. Eddington inizia come una dark comedy travestita da tragedia americana, un film che ride del disastro per non soccombere a esso. Trasformandosi in una tragica realtà tra incertezze, autorità e uno dei periodi più oscuri per la democrazia.