Uscito nel 1999, eXistenZ di David Cronenberg è uno di quei film che il tempo non ha mai davvero addomesticato. Anzi, più la tecnologia si è insinuata nella nostra quotidianità, più questa opera disturbante e visionaria appare sorprendentemente profetica. All’epoca accolto con entusiasmo dalla critica ma con una certa freddezza dal pubblico, eXistenZ è rimasto a lungo in una zona d’ombra, schiacciato dall’impatto culturale di altri titoli coevi. Eppure, oggi è sempre più evidente quanto il cinema di fantascienza contemporaneo debba qualcosa proprio a questo body horror travestito da thriller tecnologico.
Cronenberg arriva a eXistenZ in una fase particolare della sua carriera, dopo la violenza sensoriale di Crash e prima della svolta più asciutta e narrativa di A History of Violence. Il film racconta la fuga forzata di Allegra Geller, celebre designer di videogiochi, costretta a rifugiarsi all’interno della propria creazione dopo un tentativo di assassinio da parte di un gruppo di fanatici “realisti”, ostili alla realtà virtuale. Ma come spesso accade nel cinema di Cronenberg, la trama è solo un punto di partenza: presto diventa impossibile distinguere ciò che è reale da ciò che è simulato, e ogni livello narrativo rischia di essere, a sua volta, un gioco dentro un altro gioco.
Questo continuo slittamento tra piani di realtà è uno degli aspetti che rendono eXistenZ così radicale ancora oggi. Il film rifiuta qualsiasi appiglio rassicurante, non offre certezze né spiegazioni definitive e si chiude con un finale volutamente ambiguo, che costringe lo spettatore a interrogarsi su ciò che ha appena visto. Una scelta che, a distanza di anni, appare tutt’altro che gratuita: Cronenberg non è interessato a raccontare un futuro dominato dalla tecnologia, ma a mettere in scena la fragilità della percezione umana in un mondo in cui il confine tra esperienza e simulazione è sempre più labile.
Non è un caso che eXistenZ esca quasi in contemporanea con Matrix, condividendone alcune ansie legate al cambio di millennio, al timore del collasso dei sistemi e alla crescente dipendenza da reti e interfacce digitali. Ma se il film delle Wachowski sceglie una forma più accessibile e mitologica, Cronenberg percorre la strada opposta: sporca, viscerale, profondamente corporea. La tecnologia, in eXistenZ, non è mai neutra né elegante. È organica, umida, innestata nella carne attraverso porte biologiche che trasformano il corpo umano in un’estensione della macchina.
Ed è proprio qui che il film rivela la sua eredità più duratura. A differenza di molta fantascienza precedente, ossessionata dalla distruzione e dalla mutilazione del corpo, eXistenZ propone un’idea di ibridazione che non è solo orrorifica, ma anche potenzialmente liberatoria. La fusione tra organismo e tecnologia non viene presentata come una condanna inevitabile, bensì come una possibilità evolutiva, ambigua ma non necessariamente negativa. Un’intuizione che anticipa molte delle riflessioni successive sul post-umano, influenzando – direttamente o indirettamente – opere come Inception, Paprika e numerosi sci-fi degli anni Duemila.
A rendere il film ancora più destabilizzante contribuiscono le interpretazioni di Jude Law e Jennifer Jason Leigh, chiamati a muoversi in un mondo dove ogni gesto, ogni battuta, ogni scelta potrebbe essere dettata da un copione invisibile. Nessuno dei personaggi sembra davvero padrone delle proprie azioni, e la sensazione costante è quella di trovarsi all’interno di una realtà programmata, in cui persino il libero arbitrio è un’illusione.
Rivederlo oggi significa confrontarsi con un’opera che non ha perso nulla della sua forza disturbante. Anzi, eXistenZ appare più attuale che mai in un’epoca dominata da realtà virtuali, intelligenze artificiali e identità digitali sempre più fluide. Non è un film facile, né pensato per piacere a tutti. Ma proprio per questo continua a imporsi come uno degli esperimenti più audaci e scomodi della fantascienza moderna, capace di anticipare il nostro presente molto prima che fosse pronto ad accoglierlo.
Fonte: ScreenRant
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