Avrebbe potuto essere un’audizione come tante, quella di ieri che ha visto protagonista Alessio Butti alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Invece, nei 50 minuti del suo intervento, il sottosegretario ha delineato il futuro di SPID e non solo. Abbiamo già dedicato un articolo a una novità molto importante per l’app IO, svelata proprio durante la seduta, quella che porterà la patente di guida ad assumere lo stesso valore della carta di identità all’interno di IT-Wallet. Torniamo a concentrarci sull’incontro, in particolare sul passaggio in cui viene confermata e ufficializzata l’intenzione di spegnere progressivamente
il sistema oggi impiegato da 33 milioni di italiani per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione. Abbiamo l’impressione che non si tratterà di un abbandono indolore.
L’obiettivo è spegnere progressivamente SPID
Andiamo con ordine. Il deputato Antonino Iaria ha chiesto chiarimenti in merito al futuro di SPID. Alla domanda, il sottosegretario ha replicato riportando un’evidenza già nota da tempo: il governo ha scelto di puntare sulla carta di identità elettronica. Non è un mistero, ne abbiamo scritto su queste pagine già a fine 2022.
La questione dello SPID è sufficientemente chiara. Nel senso che il governo, già nel dicembre del 2022, pose una questione che di fatto voleva portare il Paese in coerenza con quanto accade anche nel resto del mondo e con le indicazioni europee, cioè di fare riferimento a una identità digitale che fosse unica. Io credo ad esempio che in uno stato serio l’identità digitale sia unica e venga rilasciata dallo Stato, con tutto il rispetto ovviamente per i provider privati. E quindi, abbiamo puntato molto sulla carta di identità elettronica, con risultati che mi sembrano di per sé molto evidente, anche con le app collegate alla carta di identità elettronica.
Ciò che ha catturato la nostra attenzione e che merita un focus è un altro passaggio. Quello in cui, appunto, si conferma l’intenzione di spegnerlo progressivamente.
L’obiettivo è spegnere progressivamente SPID. Lo faremo in assoluto accordo con i privati, che abbiamo ringraziato, perché hanno supplito alle carenze dei governi che ci hanno preceduto per ben otto anni. SPID è attualmente, indiscutibilmente, uno strumento molto importante, va perfezionato, va curato, va reso meno vulnerabile sotto tutti i punti di vista.
Modalità e tempistiche esatte sono ancora da definire. Il riferimento alle vulnerabilità del sistema è con tutta probabilità da ricercare nella cosiddetta truffa del doppio SPID.
I 40 milioni di euro agli identity provider
Sul tavolo c’è anche la questione relativa ai 40 milioni di euro promessi agli identity provider e che ancora non sono stati erogati. Arriveranno, ma serve pazienza. Stando alla spiegazione di Butti, la responsabilità del ritardo accumulato è da imputare alla burocrazia e al lavoro svolto in passato.
Questo governo ha ringraziato il lavoro che hanno svolto i privati, gli identity provider, perché oggettivamente, per otto anni, hanno bussato tutte le porte dei governi precedenti, ma hanno sempre trovato chiuso sostanzialmente. Chiedevano dei finanziamenti che non avevano mai ottenuto. Questo governo ha messo a disposizione 40 milioni di euro con un decreto del 2023. Oggi pronti al rilascio. Hanno certamente avuto qualche lentezza, non dipendente ovviamente dal mio dipartimento, ma da questioni burocratiche legate anche al pregresso, che era piuttosto complicato e complesso nell’erogazione dello SPID.
Oggi ci sono circa 33 milioni di italiani che hanno richiesto le credenziali SPID per accedere ai servizi online della PA. Non sarà facile spiegare loro perché, dopo anni trascorsi promuovendone le virtù, sta per giungere il momento di abbandonarlo.
Il nostro obiettivo è quello di arrivare a compimento di un percorso che credo possa richiedere ancora due o tre anni, proprio con l’aiuto dei privati, arrivando alla costituzione di un wallet che sarà pubblico e di un wallet che sarà privato. Ovviamente noi su SPID continueremo a lavorare. Non sfugge a nessuno che abbia manifestato tutta la sua vulnerabilità. Insomma io non credo che occorreranno trasmissioni televisive o articoli sui giornali per spiegarci che, molto spesso, il tema della vulnerabilità di SPID è emerso, cosa che invece non emerge con la carta di identità elettronica.
Perché la carta di identità elettronica?
Il più importante fattore che ha spinto il governo a puntare tutto su CIE è, come anticipato, quello relativo alla sicurezza.
Perché innanzitutto è la più sicura in assoluto. È a un livello 3. È quello che ci viene richiesto anche da tutti i processi eIDAS in corso a livello europeo, quindi dobbiamo puntare tutti insieme in modo convinto sulla carta di identità elettronica.
Poi, è emessa dallo Stato (attraverso l’Istituto Poligrafico e Zecca), senza passare dal coinvolgimento di realtà private. Ad oggi quelle in circolazione sono 53,5 milioni.
Secondariamente perché è rilasciata dallo Stato. Quindi, ripeto, la questione dell’identità è fondamentale.
Butti riconosce che ancora oggi ci sono problemi nel rilascio del documento, soprattutto per quanto riguarda le tempistiche di attesa, ma che saranno attuate misure utili a risolverli.
Poi c’è ovviamente un problema, assai ridotto rispetto al passato, di rilascio del documento in sé. C’è qualche municipio, anche nel comune di Roma, che comunque richiede qualche settimana o qualche mese solo per avere l’appuntamento.
Evoluzione inevitabile o pasticcio all’italiana?
È una domanda legittima. Le parole del sottosegretario dipingono SPID come uno strumento il cui destino era già segnato in partenza, temporaneo, adottato solo per colmare provvisoriamente una lacuna dettata dalla mancanza di un’alternativa statale.
La volontà di forzare la transizione a CIE è una scelta inevitabile e lungimirante oppure va interpretata come il risultato di un’analisi che non considera gli interessi di tutti, della collettività? Non sarà affatto semplice spiegare agli italiani perché è giusto abbandonare un sistema al lungo promosso (e spesso imposto dall’alto) come la panacea a tutti i mali della PA. Una tecnologia, tra l’altro, con cui molti hanno faticato a prendere confidenza, si pensi ad esempio agli anziani, e che per qualcuno ha comportato una spesa in fase di attivazione o di rinnovo (alcuni provider già lo offrono in abbonamento).
In questo scenario, lo ricordiamo, si inserisce anche l’arrivo del portafoglio digitale europeo (EU-Wallet) previsto per il 2026. Un’iniziativa che il nostro Paese ha anticipato e battuto sul tempo con il lancio di IT-Wallet.