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La riflessione sul concetto di Seamless Singularities non poteva in alcun caso lasciare indifferente Mónica Bello, complici gli anni alla guida del dipartimento artistico del Cern dove, con il suo lavoro e molteplici iniziative, ha favorito non solo l’incontro tra arte e scienza, ma anche una riflessione sul senso di questo rapporto, anche in chiave metodologica.

La discussione promossa da Seamless Singularities è destinata a superare il perimetro in cui si è svolta ed è anche questo lo scopo dell’iniziativa, come conferma a Wired Sergio Nava, Director of Education presso Istituto Marangoni Milano, in uno scambio a margine dell’incontro: “In questo momento storico dove le tecnologie emergenti stanno cambiando tutta la nostra società, è necessario che la ricerca non rimanga chiusa all’interno della scuola ma coinvolga anche il mondo esterno e ci sia un confronto e un dibattito come quello che abbiamo avuto e che ha dato modo, anche in questa edizione, di portare, in parte ai nostri studenti, ma anche alla platea esterna, un contributo. Contributo che va ad accrescere quelli che sono i prossimi step della nostra ricerca, dell’attività che facciamo, cercare di configurare le professioni del design e automaticamente cercare di rinnovare la nostra offerta accademica. Rinnovare i contenuti e portare una didattica per formare dei designer che siano pronti a entrare nel mercato del lavoro con quello che quest’ultimo ha bisogno di ricevere”.

Nava, sottolineando che il tema tecnologia e AI è presente nel perimetro di Marangoni da molto più tempo rispetto all’interesse mediatico attuale, risponde anche a una domanda su come partire dai tool per valorizzare la singolarità, dinamica essenziale per chi crea: “Noi insegniamo a non utilizzare la tecnologia come strumento ma come punto di partenza per la creatività, quindi come ingrediente. Quindi a non restare in superficie ma andare all’interno, a comprenderla e renderla unica. Bisogna comprendere la tecnologia e utilizzarla, e anche domarla, per cercare di arrivare al nostro scopo, che è l’espressione della nostra singolarità, della visione umana e creativa”. In un mondo dove l’artificial intelligence può anche spaventare, in una logica di sostituzione di mansioni e ruoli, il designer e docente predica un essenziale ottimismo: “Avessi avuto a vent’anni l’arsenale di possibilità tecnologiche che ci sono adesso mi sarei divertito un sacco. Mi sono divertito comunque con quello che avevo. Credo che in questo momento, grazie ai cambiamenti che ci sono, c’è la possibilità di configurare ogni settore, ogni tipo di lavoro, c’è una grande possibilità anche di lanciare nuovi business creare nuove startup innovative. E cambiare il mondo in meglio, perché quello deve essere lo scopo finale del design, conclude.

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