Neuralink si prepara a lanciare una nuova sperimentazione clinica negli Stati Uniti. La missione è tradurre i pensieri in testo, senza passare da voce, tastiera o schermo.
Se stai immaginando di dire qualcosa, saremo in grado di captarlo
, ha dichiarato DJ Seo, presidente di Neuralink. Lo studio, autorizzato dalla FDA come test su dispositivi sperimentali, punta ad aiutare persone con gravi disturbi del linguaggio a comunicare in modo diretto, solo con il pensiero.
Impianto cerebrale di Neuralink per comunicare con l’AI?
Il nuovo impianto cerebrale di Neuralink legge l’attività della corteccia cerebrale e la trasforma in comandi virtuali. In pratica, il paziente potrebbe scrivere su una tastiera virtuale o interagire con un assistente AI senza muovere un solo muscolo. L’azienda ha già avviato studi clinici in Canada, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.
Se da un lato la tecnologia promette di cambiare in meglio la vita di chi non può comunicare, dall’altro solleva interrogativi inquietanti. DJ Seo ha ipotizzato un futuro in cui anche persone sane potrebbero scegliere di impiantare un Neuralink per “parlare” con modelli di intelligenza artificiale alla velocità del pensiero. Un’idea che ricorda più Cyberpunk 2077, onestamente. E se la comunicazione diventasse istantanea, silenziosa, invisibile… cosa resterebbe della conversazione umana?
Il lato oscuro…
Neuralink è un’azienda privata di Elon Musk, e questo fa già riflettere. Sì, ufficialmente aspira a curare paralisi e malattie neurologiche, ma le ambizioni vanno molto oltre, come l’integrazione con gli AirPods e i modelli AI. Il punto è che viviamo già attaccati agli schermi, dipendenti da notifiche e algoritmi che decidono cosa vedere, comprare, pensare. L’idea di impianti cerebrali per il grande pubblico non può che evocare scenari da Black Mirror…
Le domande scomode sono tante. Chi controlla i dati che passano per il cervello? Cosa succede se l’azienda fallisce o viene venduta? E se decidono di aggiornare il software dell’impianto introducendo pubblicità? La medicina ha bisogno di questi progressi, ma trasformarli in gadget per il mercato di massa è un salto che forse dovremmo immaginare con più cautela.