Il Cashback di Stato è uno spreco o una risorsa?

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Questa la domanda a cui si deve trovar risposta prima di etichettare l’iniziativa Cashback di Stato come rovinoso fallimento o successo assoluto, in modo obiettivo e senza l’influenza di posizioni difese a prescindere. È quanto prova a fare la sesta edizione del rapporto “Italia Cashless: cambiamenti in atto e prospettive future” (PDF) presentato al forum primaverile di Cernobbio e ripreso oggi tra gli altri da Il Sole 24 Ore.

L’effetto del Cashback sul lungo periodo

Considerando esclusivamente la fase sperimentale di dicembre sono stati generati consumi addizionali per 1,1 miliardi di euro a fronte di  rimborsi quantificati in 223 milioni. Già questo sarebbe sufficiente per chiudere la discussione. Guardando avanti il report azzarda una stima: per il 2021 è previsto un ulteriore +9,3 miliardi e +13,9 miliardi nel 2022, cifre di gran lunga superiori rispetto all’esborso previsto per le casse pubbliche, merito del recupero di economia sommersa e del VAT gap.

Ad essere ancora più importante è però il raggiungimento di un altro obiettivo, non quantificabile o apprezzabile in termini numerici nel breve periodo, ovvero il contributo alla formazione di una cultura che sta sempre più avvicinando gli italiani ai pagamenti cashless con il conseguente progressivo abbandono del contante. Insomma, l’azione del Cashback di Stato non è destinata a esaurirsi a metà 2022, sempre che il programma non venga interrotto prima come ipotizzato da qualcuno e sperato da molti.

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