Google penalizzi i contenuti scritti dall’AI? È la domanda che si stanno facendo molti content creator. Ahrefs ha deciso di andare oltre le speculazioni e ha condotto uno studio per capire cosa succede realmente quando l’intelligenza artificiale scrive per il web. Ha analizzato 100.000 parole chiave casuali, estratto le prime 20 URL per ciascuna e passato tutto al setaccio del suo rilevatore di contenuti AI. I risultati? Spiazzanti.
No, Google non penalizza i testi scritti dall’AI
Solo il 13,5% delle pagine meglio posizionate è scritto interamente da esseri umani. Il resto? Un mix variegato di collaborazione uomo-macchina che va dall’assistenza minima all’automazione quasi totale.
Prima di gridare al disastro, vale la pena capire cosa significa davvero “contenuto assistito dall’AI“. Non si tratta solo di articoli sfornati da ChatGPT e pubblicati così come sono. L’intelligenza artificiale può correggere l’ortografia, migliorare la grammatica, suggerire titoli più efficaci, mettere in discussione le proprie idee.
Come sottolinea Si Quan Ong, autore dello studio: Persino la pagina Google Docs su cui sto scrivendo ha un’AI integrata.
La linea tra umano e artificiale è più sfumata di quanto immaginiamo. La distribuzione dei contenuti nella top 20 delle SERP racconta una storia interessante:
- Contenuto puramente umano: 13,5%
- Uso minimo di AI: 13,8%
- Uso moderato di AI: 40,0%
- Contributo sostanziale dell’AI: 20,3%
- AI dominante: 7,8%
- Contenuto 100% AI: 4,6%
- Il “contenuto AI puro” rappresenta meno del 5% delle pagine top-ranking. Una percentuale bassa, ma abbastanza significativa da dimostrare che Google non lo banna automaticamente.
Il dato più sorprendente arriva dal calcolo della correlazione tra percentuale di contenuto AI e posizionamento nelle SERP: 0,011. In termini statistici, significa praticamente zero correlazione. L’uso dell’intelligenza artificiale non influenza il ranking di Google. Questo conferma quello che Big G ripete da mesi: conta solo la qualità del contenuto, non chi o cosa l’ha prodotto. I contenuti AI sono leggermente meno presenti in prima posizione, ma la differenza è marginale.
Qualità contro quantità
Lo studio rivela un aspetto cruciale: è difficile creare contenuti di altissima qualità usando solo l’AI. Ecco perché la maggior parte dei creator usa l’intelligenza artificiale come strumento di supporto, non come sostituto completo.
L’approccio vincente sembra essere la collaborazione: l’AI genera le bozze, l’umano rifinisce, personalizza, aggiunge esperienza e punti di vista unici. Un tandem che produce risultati migliori di entrambi gli approcci presi singolarmente.
Questi dati ridisegnano il panorama del content marketing. Non si tratta più di scegliere tra umano e artificiale, ma di trovare il giusto mix. L’AI diventa un alleato potente per velocizzare i processi e migliorare la qualità.
Il verdetto dunque, è chiaro: Google non punisce i contenuti AI, purché siano utili, accurati e ben scritti. La sfida non è evitare l’intelligenza artificiale, ma imparare a usarla nel modo corretto.