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Come trasformare ChatGPT in un compagno di lettura

Come trasformare ChatGPT in un compagno di lettura

Leggere è sempre stata un’esperienza solitaria: il libro, il silenzio, magari una tazza di tè. Eppure c’è un problema che molti lettori conoscono bene, quella sensazione di divorare pagine su pagine senza trattenere davvero nulla. Come se le parole scivolassero via mentre gli occhi scorrono le righe.

E se esistesse un approccio diverso? Non stiamo parlando di farsi riassumere i libri per fare bella figura alle cene… L’idea è un’altra, trasformare la lettura da sport individuale a dialogo continuo, dove un algoritmo diventa un interlocutore capace di stimolare riflessioni e connessioni inaspettate.

Come smettere di dimenticare i libri che si leggono grazie a ChatGPT

1. Preparare il terreno

Prima di tuffarsi in un nuovo libro, si può chiedere a ChatGPT di preparare il terreno. Niente spoiler, sia chiaro. Piuttosto il contesto, chi era davvero l’autore, quali idee ossessionavano la sua epoca, qual era il clima culturale quando ha scritto quel testo.

Prendiamo ad esempio “Cattedrale” di Raymond Carver, raccolta di racconti meravigliosi. Prima di immergersi nelle sue storie minimali, si può chiedere all’intelligenza artificiale di contestualizzare lo stile dell’autore, il movimento del realismo sporco americano, il peso dei non detti nei suoi racconti. In pochi secondi si ottiene una mappa che aiuta a cogliere le sfumature di silenzi e gesti apparentemente banali. Niente che rovini la lettura, solo un modo per renderla più consapevole.

2. Dagli appunti sparsi ai riassunti ordinati

Ammettiamolo, quanti di noi sottolineano frasi come forsennati e poi non ci tornano mai più sopra? Centinaia di passaggi evidenziati, che restano lì, inutilizzati, invece di diventare idee, riflessioni o azioni concrete.

Ancora una volta può essere d’aiuto ChatGPT per trasformare quegli appunti sparsi in riassunti coerenti e ordinati. Non si limita a copiarli in bella. Li riorganizza, crea collegamenti, tira fuori i fili rossi che magari da soli non si notano.

E qui viene il bello, si possono confrontare temi tra libri diversi. Ad esempio, si può chiedere: Come affrontano il tema delle relazioni disfunzionali “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” di Carver e “Cose che bisognerebbe sapere” di A. M. Homes?. Il risultato è una conversazione immaginaria tra autori che non si sono mai incontrati. È come costruire un tavolo rotondo letterario dove voci diverse dialogano su ossessioni comuni.

Si può anche chiedere di trasformare questi appunti in tabelle, con idee chiave, citazioni di supporto, applicazioni pratiche. Tutto ben strutturato, perfetto per fissare meglio i concetti.

La battaglia contro la curva dell’oblio

La maggior parte di noi dimentica l’ottanta percento di ciò che legge nell’arco di un mese. Sono numeri che fanno male, soprattutto se si pensa alle ore investite su certi tomi… La soluzione? Trasformare la lettura in un gioco. Ad esempio, si può chiedere Fammi dieci domande rapide sulla “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari. E via, parte il quiz. Niente scelte multiple, quelle sono per i pigri. Domande aperte, che costringono davvero a riformulare i concetti a parole proprie.

Quando si sbaglia, non c’è solo un freddo risposta errata. C’è una spiegazione, un approfondimento. ChatGPT diventa una sorta di tutor privato che non giudica per quella domanda stupida.

L’autore immaginario con cui si può discutere

Qui la faccenda si fa interessante, al limite del surreale. Ad esempio, si può caricare un libro, prendiamo le “Meditazioni” di Marco Aurelio, e chiedere a ChatGPT di assorbirne le idee e rispondere con il tono e la mentalità dell’imperatore filosofo. Il risultato è straniante e affascinante insieme.

Improvvisamente è possibile porre domande dirette all’autore. O almeno a una sua versione AI piuttosto convincente. Come applicheresti questa filosofia ai problemi di oggi?. Cosa intendevi davvero con quel passaggio?.

Le risposte hanno il sapore di un dialogo autentico, a volte il chatbot fa anche delle domande, proprio come farebbe un interlocutore in carne e ossa. Non è il vero Marco Aurelio, è ovvio. Ma è abbastanza per creare quel ponte tra la pagina scritta duemila anni fa e la vita di oggi.

Il trucco funziona con qualsiasi genere. Con i libri di crescita personale è possibile chiedere esercizi pratici. Con quelli di business, simulare l’applicazione di strategie al proprio lavoro. Con i romanzi, parlare ai personaggi come se fossero persone reali. Con i manuali, per farsi spiegare i concetti complessi in termini semplici.

Chiedere all’AI di smettere di dire sempre sì

ChatGPT, come tutti gli assistenti AI, sono educati fino all’ossequio. Raramente contraddice, e anche se all’inizio sembra una cosa fantastica, poi ci si rende conto che non va bene. Ma la soluzione è semplice, basta chiedere esplicitamente di fare bastian contrario. Ad esempio, Smonta questa tesi. Improvvisamente, l’intelligenza artificiale passa dalla modalità assistente compiacente a quella di partner critico. Analizza, dubita, mette davanti ai punti deboli del proprio ragionamento.

Quando si finisce di leggere un libro o un articolo, basta riassumere l’idea principale e chiedere di attaccarla. Il libro sostiene che il processo è più importante degli obiettivi. Contestalo. E via, arriva una sequela di obiezioni ragionate che costringono a pensare più a fondo. È un esercizio che serve. Obbliga a difendere le convinzioni convinzioni o ad abbandonarle. E quella fatica mentale, la scienza lo conferma, è esattamente ciò che fa “aderire” i concetti alla memoria a lungo termine.

Il rituale per migliorare la memoria

Esiste un ciclo semplice per migliorare la memoria. Prima di tutto si espone un’idea o una convinzione maturata leggendo. Poi si chiede all’intelligenza artificiale di smontarla. E infine, si riflette su cosa regge e cosa crolla dopo la critica. Questo piccolo rituale rende l’apprendimento più persistente. Si può anche modulare l’intensità della sfida, il modello si adatta, e si possono confrontare le risposte.

I limiti

Diversamente da un circolo di lettura tradizionale, con il chatbot di OpenAI non c’è il rischio di dover leggere libri che non interessano per accontentare il gruppo. Non ci sono orari fissi da rispettare. È un club sui generis. Certo, manca la componente umana autentica. Le sfumature dell’interpretazione personale che emerge da esperienze di vita diverse. Quella connessione emozionale che si crea quando qualcuno magari racconta perché un certo passaggio l’ha fatto piangere.

Inoltre, sarebbe disonesto dipingere questa esperienza come perfetta. La gran parte di ciò che leggiamo sparisce comunque nel giro di un mese, anche con tutti questi strumenti. L’intelligenza artificiale può rallentare la curva dell’oblio, non annullarla.

E poi c’è anche il rischio della dipendenza. Se l’AI trova sempre i collegamenti, genera le domande e organizza i concetti al posto nostro, smettiamo di ragionare autonomamente. L’idea è usarla come supporto, non come sostituto del pensiero.

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