ChatGPT diagnostica malattia dopo mesi di visite mediche fallite

Oliver Moazzezi stava entrando in quella spirale che conosce chiunque abbia mai cercato sintomi su Google alle tre di notte. Acufeni che fischiavano come teiere impazzite, pressione alta, spasmi muscolari, e una stanchezza infinita. E poi, ciliegina sulla torta, la sensazione di essere diventato ipocondriaco.

ChatGPT individua la malattia che nessun medico era riuscito a diagnosticare

Il consulente informatico britannico aveva fatto il giro delle sale d’attesa. Ma la diagnosi era sempre la stessa, ansia. Come se questo disturbo fosse la risposta pronta quando il pezzo del puzzle non si incastra. Gli acufeni? Ah, quelli erano un altro paio di maniche: perdita uditiva, dicevano.

Avevo l’impressione di essere ipocondriaco, ha raccontato Moazzezi alla BBC, avevo la sensazione che nessuno volesse davvero capire o guardare tutte le cose che cercavo di spiegare. Quella frustrazione di chi sa che c’è qualcosa che non va ma viene rimbalzato come una palla da ping pong tra diagnosi vaghe e scrollate di spalle.

Quando si esauriscono le opzioni umane, non restano che le macchine. Non per disperazione cieca, ma per quella curiosità mista a speranza che anima chi lavora con i computer e sa che gli algoritmi, almeno, non hanno pregiudizi emotivi. Moazzezi ha esposto pazientemente i suoi sintomi a ChatGPT, chiedendogli di consultare fonti mediche verificate. E qui arriva il colpo di scena: Non gli ho parlato della malattia di Lyme, è stata l’AI a tirarla fuori.

La malattia di Lyme. Esattamente il tipo di condizione che può scivolare tra le maglie di visite frettolose e checklist standardizzate.

Quando l’algoritmo ci prende

Moazzezi ha fatto la cosa più sensata possibile: è tornato da un medico vero, in carne e ossa, e ha chiesto il test. Risultato? ChatGPT aveva colpito nel segno. Malattia di Lyme confermata. Trattamento avviato. Alcuni sintomi calmati. Non una guarigione miracolosa istantanea da film americano, ma quel tipo di sollievo concreto che arriva quando finalmente qualcuno, o qualcosa, ti dice cosa non va davvero.

Certo, bisogna mantenere i piedi per terra. Le intelligenze artificiali commettono ancora errori a bizzeffe e prendere le loro affermazioni come oro colato sarebbe un errore. Ma il caso di Moazzezi qualche dubbio la sollevano.

La vera domanda, alla fine, non è se le macchine possano aiutare la medicina, evidentemente possono. È se siamo pronti ad ammettere che forse, la combinazione tra intuizione umana e potenza computazionale potrebbe funzionare meglio di entrambe prese singolarmente. Nel frattempo, Oliver Moazzezi può finalmente dormire sonni tranquilli senza sentirsi un ipocondriaco. E questa, già di per sé, è una piccola vittoria.

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