Bandai Namco, il successo di Dragon Ball non basta: tagli e licenziamenti

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Mentre Bandai Namco celebra il successo di Dragon Ball: Sparking! ZERO (successore spirituale della serie Tenkaichi), giunto già a ben 3 milioni di copie vendute, pare che l’azienda non stia navigando in acque molto tranquille, stando a quanto emerge da un recente rumor di Bloomberg, parzialmente confermato anche da un portavoce di Bandai Namco stessa.

Al centro della vicenda ci sarebbe la ristrutturazione aziendale avviata dalla casa giapponese, la quale ha sostanzialmente cancellato diversi progetti legati a franchise come Naruto e One Piece, oltre ad aver sospeso anche i lavori su un titolo che sarebbe dovuto essere realizzato in collaborazione con Nintendo.

Qualche mese fa c’erano stati altri episodi di questo tipo, come la cancellazione della versione occidentale di Blue Protocol, un MMO molto atteso e che, sfortunatamente, non è riuscito a varcare i confini del Giappone, dove resterà attivo sino a gennaio 2025.

LICENZIAMENTI POCO ETICI: UN’ACCUSA PESANTE



I tagli ai progetti hanno causato anche la necessità di dover ridimensionare il personale ed è proprio in questo frangente che il rumor riportato da Bloomberg si fa più inquietante, dal momento che pare che l’azienda abbia adottato una pratica davvero poco gratificante, nota in Giappone con il nome di oidashibeya (letteralmente: stanza dell’espulsione).

Pare infatti che Bandai Namco abbia deciso di tagliare ben 200 posti di lavoro sui circa 1300 impiegati nella divisione legata al mondo del gaming, e per fare ciò potrebbe aver adottato la pratica dell’oidashibeya, la quale consiste nel cambiare la mansione dei dipendenti coinvolti, in modo da assegnarli ad una stanza in cui non hanno alcun compito da svolgere.

La mossa avrebbe lo scopo di permettere al dipendente di cercare un nuovo lavoro, ma allo stesso tempo lo costringerebbe anche a rassegnare volontariamente le proprie dimissioni (senza quindi essere licenziato formalmente), a causa del fatto che la sua produttività comincerà presto ad essere in calo e questo permetterà ai suoi superiori di intervenire con tagli e malus di vario tipo.

Oltre a ciò, il confinamento nell’oidashibeya rappresenta anche un vero e proprio stigma all’interno dell’azienda, in quanto incarna la totale distruzione del ruolo del dipendente, il quale è quindi incentivato a laciare rapidamente la compagnia, in cerca di altra occupazione. Questo permette, alla società che applica questa pratica, di evitare tutte le complicazioni legali derivanti dal licenziamento.

BANDAI NAMCO RIGETTA LE ACCUSE

Ovviamente Bandai Namco ha smentito categoricamente il ricorso all’oidashibeya (non poteva essere diversamente, data la gravità dell’accusa), confermando però che i tagli hanno avuto un impatto su diversi progetti, al punto che alcuni membri del personale devono attendere un periodo di tempo non specificato prima di essere assegnati ad altri progetti. In ogni caso l’azienda sostiene che Bandai Namco non adotta misure volte a porre pressione ai suoi dipendenti in modo da favorire delle dimissioni volontarie.

Nonostante ciò, il report menziona che già 100 persone hanno rassegnato le proprie dimissioni da Bandai Namco nel corso degli ultimi mesi, evidenziando quindi come ci sia comunque un’insolita attività in uscita dalla compagnia e ci si aspetta che questi numeri aumenteranno in futuro.

Quale sia la realtà dei fatti non è dato saperlo, tuttavia è chiaro che alcuni elementi sono incontrovertibili: un vasto numero di dipendenti ha recentemente lasciato l’azienda e Bandai Namco ha bloccato diversi nuovi progetti o già in corso. Da qui non si scappa.



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