Approvata legge italiana sull’intelligenza artificiale

Il Senato ha approvato in via definitiva la legge italiana sull’intelligenza artificiale. Le disposizioni si applicano in conformità al regolamento europeo 2024/1689, noto come AI Act. Sono specificate le modalità d’uso dei sistemi AI in vari settori, i divieti e le agenzie che avranno il compito di vigilanza.

Dettagli sull’AI Act italiano

Il disegno di legge era stato presentato a fine aprile dal Consiglio dei Ministri. Dopo quella alla Camera dei Deputati, ieri è arrivata l’approvazione definitiva del Senato con 77 voti favorevoli, 55 contrari e 2 astenuti.

La legge (PDF) disciplina l’applicazione dell’intelligenza artificiale in diversi ambiti, promuovendo un uso corretto, trasparente e responsabile. In dettaglio, lo sviluppo e l’uso dei sistemi AI per finalità generali (come ChatGPT) devono avvenire nel rispetto dei principi costituzionali e dei diritti fondamentali, oltre che in piena coerenza con l’AI Act.

L’uso dei sistemi AI deve garantire il trattamento lecito, corretto e trasparente dei dati personali. Le informazioni relative al trattamento dei dati devono essere fornite in modo chiaro e semplice per consentire all’utente di conoscere i relativi rischi e di opporsi al trattamento dei propri dati personali. L’accesso ai sistemi AI è vietato ai minori di 14 anni, senza il consenso dei genitori.

Nella legge ci sono specifiche disposizioni per l’uso dell’AI in ambito sanitario e ricerca, per le attività lavorative, nella pubblica amministrazione, nell’attività giudiziaria e per migliorare la cybersicurezza nazionale. Verrà inoltre predisposta una strategia nazionale (aggiornata ogni due anni) con il supporto di Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) e Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).

AgID e ACN sono le due autorità che dovranno promuovere l’uso dell’AI e vigilare sulla sicurezza dei sistemi. È anche previsto un programma di investimenti da un miliardo di euro a favore di startup e PMI. Infine, la legge aggiunge l’art. 612-quater al codice penale. Chi pubblica deepfake (immagini, audio e video) senza il consenso dell’interessato rischia fino a cinque anni di prigione.

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