Elezioni U.S.A.: la disinformazione di Cina, Russia e Iran potenziata dall’IA
Nov 04, 2024 Marina Londei
Approfondimenti, In evidenza, Minacce, News, RSS, Scenario
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Era già successo durante le ultime elezioni e sta accadendo di nuovo: in occasione delle prossime elezioni U.S.A., Cina, Russia e Iran stanno investendo su massicce campagne di disinformazione per confondere gli elettori e favorire l’uno o l’altro candidato.
A distanza di qualche anno, la minaccia delle fake news si è fatta ancora più pericolosa: secondo l’intelligence americana, i gruppi di attaccanti legati a questi Paesi stanno usando nuove e migliorate tattiche per colpire. A prescindere da chi supportino tra Trump e Harris, l’obiettivo è lo stesso in qualsiasi caso: screditare la democrazia americana e diffondere caos e discordia.
In un articolo per The New York Times, Sheera Frenkel, Tiffany Hsu e Steven Lee Myers hanno approfondito come la disinformazione si è evoluta e quanto sta impattando sulle elezioni.
Se prima i post di fake news erano per lo più su Facebook, soprattutto da parte della Russia, ora la disinformazione si è estesa a decine di piattaforme diverse, anche su piccoli forum di zona e gruppi nelle app di messaggistica. Su Telegram non si contano video, meme e articoli divisivi e ricchi d’odio, così come su Reddit e su altri social.
Questa nuova ondata di disinformazione, spiegano Frenkel, Hsu e Myers, non è diretta in maniera generica a uno o più stati, ma anche a specifici distretti e a particolari gruppi etnici o religiosi in queste zone. Le operazioni di questi Paesi sono diventate molto più mirate rispetto al passato e per questo motivo è molto più probabile che facciano presa sugli elettori. “Quando la disinformazione è creata per un pubblico specifico sfruttando i loro interessi o le loro opinioni, diventa più efficace“ ha commentato Melanie Smith, direttrice di ricerca dell’Institute for Strategic Dialogue di Londra.
L’Iran è la nazione che sta investendo più delle altre nella disinformazione diretta a gruppi di nicchia, soprattutto veterani di guerra, afroamericani e arabi. Similmente, Cina e Russia hanno condiviso fake news su X in spagnolo per prendere di mira gli utenti ispanici.
L’IA al servizio della disinformazione durante le elezioni
I cybercriminali stanno facendo affidamento sull’intelligenza artificiale per creare disinformazione mirata ed efficace durante le elezioni. Frenkel, Hsu e Myers riportano che OpenAI ha bloccato in un solo mese oltre 20 operazioni di disinformazione che utilizzavano ChatGPT e altri prodotti della compagnia.
Russia, Cina, Iran e altri Paesi hanno sfruttato le capacità dell’IA per creare siti web propagandistici, diffondere fake news sui social media e persino analizzare e rispondere a specifici post. “Le capacità dell’IA vengono utilizzate per esacerbare le minacce che ci aspettavamo e quelle nuove a cui stiamo assistendo“ ha dichiarato in un’intervista Jen Easterly, direttrice della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency.
Easterly ha sottolineato inoltre che l’ampia disponibilità di questi tool e la loro facilità di utilizzo consente potenzialmente a chiunque di orchestrare campagne di disinformazione mirate. Con pochi passi è possibile usare i servizi di IA per manipolare file audio, generare meme e sondaggi falsi, creare video deepfake e condividerli con le vittime.
Non solo queste operazioni sono diventate più efficaci e mirate, ma anche più difficili da identificare: tutti e tre i Paesi stanno diventando più bravi a coprire le proprie tracce e riescono a trarre in inganno anche gli utenti più navigati.
I gruppi cinesi, per esempio, hanno creato una rete di influencer per diffondere le fake news, mentre la Russia ha sfruttato un gruppo di conservatori americani su Tened Media per pubblicare video falsi e teorie del complotto.
Da parte loro, le big tech come Meta, Google, OpenAI e Microsoft sembra che non stiano facendo sforzi sufficienti per identificare i contenuti falsi e rimuoverli, anzi: rispetto alle scorse elezioni, la lotta alla disinformazione sembra essersi indebolita.
Secondo Max Lesser, analista senior presso la Foundation for Defense of Democracies, questo è causato dal fatto che manca una policy coesa e condivisa tra le compagnie e non è possibile creare un fronte comune verso le campagne di disinformazione. “Queste piattaforme alternative non dispongono dello stesso grado di moderazione dei contenuti e di solide pratiche di fiducia e sicurezza che potrebbero potenzialmente mitigare queste campagne“.
Infine, bisogna anche considerare che i gruppi russi, cinesi e iraniani dispongono di risorse sufficienti per ricostruire velocemente le operazioni con siti web e account falsi di backup non appena vengono bloccate.
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