Lamante, cantautrice veneta di cui abbiamo avuto parecchio modo di parlarvi nell’ultimo anno, si è da poco esibita al Flowers Festival di Collegno, in provincia di Torino. Non si è trattato di un concerto qualsiasi, però: la sua esibizione era stata messa come apertura ai CCCP, nel tour della loro reunion dopo più di trent’anni dal loro scioglimento, una delle sue band del cuore. Dopo aver vissuto quest’esperienza assurda, Lamante ci ha mandato la testimonianza di questa esperienza irripetibile, che pubblichiamo qui sotto.
Sono in treno e sto andando verso Collegno. Questa sera apro il concerto dei CCCP. Che cosa è una magia più forte della morte nelle nostre vite? Oggi ho deciso che canterò in scaletta un pezzo che ho scritto giusto ieri, non mi ricordo bene né il testo né gli accordi, ma sento già che questo è un pezzo importante. Per amore questa sera voglio rischiare, è la serata giusta per farlo, non c’è data migliore, apro il concerto ad uno di quei gruppi che hanno aperto la musica in me, onore a loro. Facciamo il soundcheck e solo quando io ed Elia (mio chitarrista fidato) siamo nel camerino, gli comunico questa scelta. Senza imporsi prende la sua chitarra, capisce l’urgenza del mio gesto. Riusciamo in 10 minuti con la supervisione di Luca – l’agente booking di Lamante, ndr – a tirare fuori qualcosa. Sarà il terzo pezzo in scaletta.
In mensa troviamo solo Massimo Zamboni, si ricorda di me e della pastasciutta antifascista a cui avevo partecipato anni fa a casa Cervi. Lindo e Annarella non si vedono, non mangiano, al soundcheck si percepiscono appena per pochi minuti. Io rimango in attesa, senza fretta, capisco in parte cosa vuol dire essere un Eremita. Non puoi disturbare la loro “meditazione” che è continua, non ha tregua. Il suo manager mi dice che se mi piace il tabacco, il vino rosso e la fede un modo di parlare con Lindo lo trovo. Mi chiedo se sia difficile per lui ricevere degli applausi quando è sul palco, ricordo che in un suo libro diceva “io prego, non canto e la preghiera non ha bisogno di applausi volgari”. Allora al live cerco di trattenermi, di applaudire nel modo più pudico (se esiste).
Prima di salire sul palco il direttore artistico del festival mi aveva fermato dicendomi: “Ricordati che è da 40 anni che queste persone aspettano di vedere i CCCP, potresti non essere accolta bene”. Eppure mi sento tranquilla, so che se mi hanno fatto arrivare a questo concerto un motivo ci sarà. Il pubblico reagisce bene. I CCCP sono dietro ad ascoltarmi.
Non so esattamente spiegare cosa si prova in queste situazioni. Due mesi fa scrivevo un pensiero riguardo loro, poi il concerto al Carroponte visto praticamente in ultima fila, ed ora qui a due passi da loro ad aprirgli il concerto. Non è ansia quella che sento, ma un accenno di apatia. Nelle situazioni di forte emotività, positiva o negativa che sia, il mio cervello cerca di compensare così, mette il silenziatore. Tutti i miei collaboratori mi guardano con occhio strano. Ho una frase tatuata di Giovanni Lindo sul braccio sinistro: “Gioia che riannoda, dolore che inchioda”. Eppure non salto di gioia, non piango, rimango composta.
Cedo per poco al loro concerto, perché inizio a realizzare l’importanza di questa data. Cedo completamente quando decido insieme al mio compagno di intraprendere la strada per il loro camerino. Facciamo le scale, arriviamo davanti alla porta e torniamo indietro, poi un altra volta ancora. Non riesco ad entrare in quella stanza, vedo di sfuggita Annarella che mangia un pacchetto di patatine, Lindo con il cappuccio in testa che beve del te, Fatur (Vota Fatur!) seduto con le gambe aperte e distese in un divanetto mentre beve birra. È come quando immagini il Papa in bagno o la regina Elisabetta che rutta. Finché non li vedi, non ci credi, e la probabilità di vedere il Papa o Elisabetta è minima, talmente minima che se dovesse succedere potresti implodere su te stessa. Difficile immaginarsi delle leggende in preda a fatti comuni, emotivamente troppo destabilizzante. Ma grazie all’aiuto del loro manager entriamo.
Annarella si avvicina e mi ringrazia per aver suonato, si complimenta, io tento una frase, lei con occhi grandi mi dice: “Ferma, ancora”. Ripeto la frase e lei, di nuovo: “Ferma, ancora”. Stavo cercando di spiegarle che nella mia famiglia a volte c’è questa leggenda che se sono nata così, difficile al “catalogo”, è perché mamma mi faceva sentire le cassette dei CCCP. Una donna austera, impenetrabile, annuisce mentre le parlo. Fatur sorride, mi parla della sua carriera da DJ, di quella volta che è venuto a Schio, in Arcadia alla trash night, di come costruisce gli oggetti di scena, tra tutti penso, il più terreno, è proprio vero che è l’artista del popolo. Zamboni mi regala un CD, contenente la canzone Sorella sconfitta, una delle massime di Massimo. Poi sotto invito di Annarella si alza Lindo, mi prende la mano, sento un energia verticale avvicinarsi, mi ringrazia, si complimenta, mi dice di continuare. Nicolò mi chiede come sto, io non lo so.
Mi fumo una sigaretta mentre Lindo si allontana, una magia più forte della morte? è questo che ho vissuto questa sera? Cosa vuol dire per loro riportare un progetto così di 40 anni fa? Una gioia che riannoda e un dolore che inchioda. Ora capisco perché a 19 anni ho tatuato sul braccio questa frase, per essere ora in questo camerino a darmi una risposta. Iniziano piano piano ad andare via tutti, scendo con loro le scale, arriva la macchina, prendo la mia chitarra, e tutto inizia a riacquisire un ordine ed un valore. Capisco che questa sera ho vissuto una magia più forte della morte, oggi più che mai perché è stato come riavvicinarmi all’origine di qualcosa, perché ho portato un pezzo nuovo, perché mi sono riavvicinata alla sensazione di una prima volta, ad una me bambina che sapeva ancora di latte e CCCP, ma questa sera vicino alla cassetta CCCP c’era anche quella LAMANTE.
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L’articolo Una magia più forte della morte di Lamante è apparso su Rockit.it il 2024-07-02 14:56:00