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“MI AMI è il posto che ci ha cullato e accompagnato sin dall’inizio della nostra carriera. È fantastico poter realizzare il primo concerto del tour nella nostra città e su quel palco”. Gli Studio Murena sono collegati in formazione quasi completa da diversi punti di Milano, Lorenzo detto Carma, frontman della band, sembra stare su un terrazzo, con dietro una bella pianta rigogliosa. Non approfondiamo.
Partiamo da MI AMI perché il loro concerto all’imminente festival(dal 22 al 24 maggio all’Idroscalo) chiuderà il Palco idealista il sabato. Un gran finale, insomma, in cui si sono meritati il ruolo di cerimonieri grazie a un super disco, Notturno (Island Records), uscito negli scorsi giorni, il terzo della loro carriera. “Sarà la prima volta in cui faremo sentire tutta la scaletta completa: ci sarà ovviamente molto dell’album appena uscito, ma anche brani vecchi, tutti legati armonicamente. Stiamo pensando a un set speciale. È un posto in cui ci sentiamo sempre a casa, l’atmosfera è magica. Siamo stragasati”.
Undici pezzi sospesi tra introspezione e rabbia, tra barre rap, attitudine jazz e parecchia elettronica, è prodotto come il precedente da Tommaso Colliva. Un lavoro che segna un’evoluzione nello stile del gruppo, che cerca una via più diretta per portare i suoi contenuti e la sua unicità artistica, che forse in contesti diversi dall’Italia avrebbe una vita un po’ più semplice.
Per darvene conto abbiamo dedicato allo Studio Murena un episodio del nostro format Notturni, e abbiamo prodotto assieme a Island Records un minifilm live del loro disco. Ora invece facciamo una chiacchiera con loro.

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno

Studio Murena – Notturno
Come avete vissuto le settimane prima dell’uscita del disco. In che modo l’attesa di un terzo album è diversa rispetto a quella del secondo o del primo?
Carma: È un bel po’ diversa, in effetti. Col primo eravamo super fomentati di portare fuori la nostra musica, ora dopo due dischi questa cosa l’abbiamo già vissuta. Ma paradossalmente ci carica ancora di più. Inoltre quando è uscito il primo disco, 4-5 anni fa, eravamo in fasi diverse della vita. Ora la musica è diventata un lavoro, una cosa seria. Questa consapevolezza aumenta l’emotività dietro il progetto. Infine questo disco ha tanto di noi dentro, sappiamo che stiamo per raccontare molto alle persone che lo ascolteranno.
Quando, come e perché nasce il concept diNotturno?
Maurizio: Il disco in buona sostanza è nato nell’estate 2023 nella casa di montagna di Amedeo, in provincia di Cuneo. Ogni estate dal 2019 facciamo un “ritiro”. È un posto tranquillo, immerso nella natura, e lì abbiamo scritto quasi tutte le tracce.
Carma: Le abbiamo registrate coi nostri mezzi e le abbiamo fatte ascoltare a Tommaso (Colliva, il produttore, ndr). Alla prima ascoltata ha detto: “Questo disco ha un’ambientazione molto notturna”. Continuava a ripetere questa cosa. Da lì è nata l’idea del concept.
Amedeo: Che poi è un po’ un paradosso, visto che avevamo scritto quelle canzoni mentre eravamo in montagna, nel pieno della luce estiva. Eppure effettivamente i testi sono usciti cupi, di segno diverso.
Carma: Sarà che molti li ho scritti di notte. Non è solo per questo disco, a me succede quasi sempre. È come se portassimo dentro una “notte interiore”. Noi ci proviamo a fare le canzoni felici, ma proprio non ci riesce. (ride) Anche musicalmente siamo sempre stati un po’ cupi, dark. È la nostra dimensione naturale. Va detto che questo buio interiore riflette quello che vediamo fuori: è come un’amplificazione.
È il disco più pessimista che avete fatto?
Carma: Di certo è il più introspettivo. Guardarsi dentro oggi inevitabilmente ti fa tirare fuori la merda. Le cose scomode. Personali, relazionali, ma anche sociali. Alcuni testi sembrano di rivendicazione, ma in realtà nascono da osservazioni quotidiane, storia della nostra via, del nostro quartiere.
Maurizio: Anche quando parla di sé, Lollo riesce a raccontare qualcosa che è di tutti. Anche senza volerlo. E questo lo rende universale, in un certo senso.
Questo approccio più personale e intimo è una scelta o vivete come limite oggi fare canzoni esplicitamente politiche o sociali?
Carma: Io non riuscirei a scrivere la canzone con “lo spieghino”. Non riesco a fare musica a tavolino, in nessun modo o forma. Una canzone mi viene da un’urgenza personale. Tutti i nostri dischi hanno, se vuoi, momenti “di impegno”, ma non sono mai costruiti. I nostri pezzi sono piuttosto flussi di coscienza. Poi ci finiscono dentro anche i ragionamenti sul mondo, inevitabilmente. Ma, appunto, è collegato alle nostre vite. Quando parliamo di Ramy e chiediamo giustizia è perché l’angolo dove è morto è letteralmente sotto casa mia e di Amedeo, ci passiamo davanti tutti i giorni. Una cosa così non poteva non colpirci.
Musicalmente, come avete colorato questo disco?
Amedeo: C’è stato un aggiustamento naturale tra di noi rispetto al passato. Questo disco è più omogeneo, ognuno ha il suo momento. Anche nel rapporto con Tommaso, questa volta, siamo partiti più consapevoli.
Maurizio: Ovviamente abbiamo mantenuto le nostre direttrici storiche. Sin dai feat., il rap è rappresentato da Willie Peyote e Mezzosangue, che abbiamo conosciuto in tour. Sono collaborazioni “naturali”, non per marketing.
Amedeo: E poi c’è il jazz, ci sono Fabrizio Bosso, Riccardo Sala, e Rodrigo D’Erasmo per i feat. strumentali. Tutti nati da relazioni vere. Infine in Tre Porte di Paura, il brano più sperimentale, che era nato come strumentale, abbiamo messo un’attrice, Valeria Perdonó. L’ispirazione viene da Epistropy di Thelonious Monk, che abbiamo rielaborato a modo nostro.
Nei “flussi di coscienza” che compongono i testi compaiono diversi nomi propri, che ho riassunto in tre categorie, ciascuna con funzioni diverse. I grandi evil (Wanna Marchi, Rosa Bazzi, Renato Curcio), gli artisti “pazzi” (Oskar Kokoschka, Kubrick), gli inside joke (“Papa” Giovanni Ferrazzi, Ovidio Trippa).
Carma: Ognuno è lì per un motivo. Giovanni Ferrazzi è uno della band, è pure in questa call, anche se silenzioso. Ovidio Trippa è un personaggio incredibile. Lo conoscete? È una specie di eroe mascherato. Va in giro a tutti i concerti a registrare videobootleg. Durante un soundcheck ci ha urlato: “Era meglio il disco prima!”. Siamo diventati amici.
Amedeo: Su Rosa Bazzi abbiamo avuto una diatriba interna, tra “innocentisti” e “colpevolisti”. È partito un beef durante il tour! (ride)
Carma: La citazione a Renato Curcio e alle esplosioni riprende, forse più “comprensibile”, una rima fatta in passato su Carrero Blanco. Kubrick invece è citato nel brano che parla di incubi, perché quella sembra proprio la sceneggiatura da film. Infine Kokoschka: è un grande artista tra i più noti ed “estremi” della scena di Vienna dei primi del Novecento. Quel posto e quel periodo sono stati fondamentali per tutto il disco (c’è anche un pezzo che si chiamaVienna, non a caso, ndr), quel modo distorto e cupo di vedere la realtà sono ben presenti.
Gli Studio Murena sono ancora un’anomalia per la discografia italia o è l’Italia che è un’anomalia per la discografia mondiale?
Carma: Probabilmente c’è una forma di attrito tra quello che facciamo noi e quello che si sente “normalmente” in questo Paese. Ma questo disco parla molto di più alle persone. È diretto. Non neghiamo di essere un’anomalia, è un ruolo che ci sta bene da sempre. Ma lavoriamo per coinvolgere di più le persone, smussare gli angoli.
Vedete dei segnali positivi nel successo di alcuni progetti “veri” e con forte tiro dal vivo?
Carma: Sì, assolutamente. C’è spazio per una musica suonata e vera, lo vedo da più parti, pure a Sanremo. Però il pubblico spesso ha bisogno di semplificazione: se un progetto non è spinto dall’alto, fa più fatica. Anche il concetto di jazz rap, che da sempre ci accompagna, rischia di diventare un cliché. La nostra roba è più ibrida, più complessa di così. Eppure l’incasellamento risulta spesso inevitabile.
Marco: Uno dei problemi per me è la “dittatura dei numeri”. Prima volevi che il tuo artista non lo conoscesse nessuno per sentirti uno “scopritore di talenti”, ora deve avere 7 milioni di stream se no non vale la pena seguilo. È tutto molto più piatto. Dovrebbero togliere quei numeri da Spotify, così si ascolterebbe con più libertà. Speriamo avvenga.
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L’articolo Studio Murena: “Per noi la musica serve a tirare fuori le cose scomode” di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2025-05-15 10:15:00
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