Ora puoi pubblicare il tuo ep con Ad Astra, un’etichetta che sa ancora osare

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Ci sono ancora 10 giorni di tempo, l’occasione è di quelle da non perdere. Fino al 3 novembre si può candidare il proprio progetto musicale per pubblicare un ep con Rockit PRO, il nostro servizio pensato per chi suona, e Ad Astra, nuovo progetto discografico nato dall’incontro di creativi, musicisti e artisti che condividono una visione comune della musica, sviluppato negli storici studi Fonoprint, studio di Bologna che negli anni ha ospitato artisti diventati culto della musica italiana come Lucio Dalla e Vasco Rossi.

Ma come funziona esattamente? Chi ha attivato un account PRO (qua trovate tutte le informazioni), può farsi avanti presentando la propria musica e il proprio percorso artistico qua. Chi verrà selezionato, dopo il 3 novembre, potrà realizzare un EP che sarà pubblicato da Ad Astra e realizzato in Fonoprint. A garanzia del tutto c’è la direzione artistica di Giorgio Spedicato, in arte Machweo, che ha costruito un team creativo composto dai suoi storici collaboratori: Giulio Stermieri, Dario Martorana e Antonio Rapa per la parte musicale; Nicola Baba per la direzione visiva; e Giacomo Golfieri come project manager. Ad Astra vuole essere una sfida e una scommessa artistica, musicale e culturale e voi potete avere l’ambizione e il desiderio di farne parte. Abbiamo fatto qualche domanda a Machweo per entrare di più dentro a questo progetto. 

Come nasce Ad Astra? 

Ad Astra nasce in un modo strampalato e poco avvincente. Durante la primavera di quest’anno scrivo a Teo per chiedergli se ha ancora contatti con Fonoprint. Era uno di quei periodi che vanno e vengono in cui Milano mi sta stretta e avevo voglia di capire se c’era spazio per fare musica anche altrove. Il mio altrove preferito rispetto a Milano rimarrà sempre Bologna visto che lì ho vissuto diversi anni mentre facevo il conservatorio. Teo mi gira il numero di questo tale Giacomo di Fonoprint a cui mando un educato e vaghissimo messaggio dal momento che all’inizio non sapevo neanche io bene cosa chiedergli. Quel messaggio diventa una conversazione su Whatsapp, quella conversazione diventa una pizza in un baretto in zona Duomo a Milano e quella pizza si trasforma in qualche idea folle di collaborazione. Dopo un po’ di sessioni di brainstorming alla fine ci convinciamo che ha senso fare un esperimento discografico di libertà totale, finanziato da piccoli budget per non farci troppo male nel caso in cui dovesse rimanere una folle idea strampalata e basta. Così un po’ per sfida kamikaze e un po’ per necessità, tiriamo su lo scheletro di Ad Astra dandoci l’obiettivo di lavorare solo con artisti emergenti che possibilmente non abbiano neppure pubblicato un inedito.

Come miri ad interpretare la tua figura?

In un’etichetta discografica, seppur piccola e appena nata, di sicuro non posso mettermi a fare i conti, redigere contratti o cose simili. Il mio ruolo ora come ora è di direzione artistica e produzione in studio perché sono tra le pochissime cose che so fare.

Chi è l’emergente oggi, in tempi di discografia “selvaggia”? 

L’emergente di oggi può essere tantissime cose molto diverse tra loro e tutte con una propria dignità. Personalmente cerco persone che abbiano qualcosa da dire. So che suona come un luogo comune ma il significato che dò io a questa frase, se cerco di rifletterci e di arrivare al nocciolo, è non avere paura di fallire con un’idea personale di musica. Ho bisogno di sentire idee nuove, cose che mi diano fastidio o che non assomigliano per forza, troppo, a qualcos’altro.

Cosa cerchi in chi suona?

Mi piacerebbe incontrare persone che hanno necessità di esprimersi e che lo facciano con un linguaggio personale, tutto questo senza porsi il problema di quali siano le scelte giuste per piacere a chi ascolta ma che lo faccia principalmente per sé, per una propria urgenza. Poi ovviamente giuro che penserò da etichetta e mi piacerebbe tantissimo lavorare a dei dischi che le persone ascoltano e comprano, ma credo che questo tipo di ricerca sia il presupposto di base per avere un’identità.

Che posto è Fonoprint?

Fonoprint è lo studio in cui è stata registrata tantissima musica che piace sia a te che ai tuoi genitori e che ha influenzato generazioni intere di cantautori, è uno spazio che ha più del doppio della mia età e noi siamo gli ultimi arrivati che rischiano di rovinare tutto.

Cosa avete fatto in questi primi mesi di vita? 

Ci siamo chiusi in studio con il primo artista completamente sconosciuto che abbiamo individuato. Lo abbiamo fatto dall’estate scorsa fino al mese scorso per lavorare al primo EP che pubblicheremo. Il team creativo è composto da me e dai musicisti con cui collaboro da una vita, tutti amici bolognesi. Siamo tanti, e non ne cito neanche uno per non far arrabbiare nessuno o per farli arrabbiare tutti. Abbiamo preso dei provini, li abbiamo riarrangiati e trasformati in canzoni, li abbiamo prodotti e, dopo questa prima fase, abbiamo iniziato a pensare al resto degli aspetti creativi. Ultimamente abbiamo fatto il primo shooting, affidato a Nicola Selim Babaoglu, realizzando sia le foto sia quei maledetti video verticali. Tutto questo è avvenuto nel modo più libero e democratico possibile, senza pensare minimamente a cosa convenisse fare, il che probabilmente non è del tutto positivo. Se qualcosa dovesse funzionare anche solo un po’ con questi presupposti, sarebbe incredibile. L’obiettivo è continuare a lavorare sempre con questo spirito anarchico, perché ci illudiamo che sia la cosa giusta da fare. A me basta che, se dovesse arrivare il giorno in cui un esperimento del genere iniziasse a scricchiolare, nessuno possa dire di aver avuto una brutta esperienza artistica o lavorativa. L’impegno che ci stiamo mettendo è oltre quello che pensavo potessimo permetterci.

Che ruolo ha o quale dovrebbe avere un’etichetta oggi?

Non ho un’esperienza tale da essere credibile nel rispondere a questa domanda, temo che lo scoprirò insieme a voi mentre il progetto va avanti. Lavorando negli anni quasi esclusivamente con emergenti e ascoltando le loro frustrazioni, l’unica cosa che posso dire è che penso che un’etichetta dovrebbe fidarsi degli artisti che firma, cosa che non succede così spesso, e magari avere l’arroganza o l’incoscienza di osare, dando spazio a cose diverse, anche a costo di non capirle del tutto.


L’articolo Ora puoi pubblicare il tuo ep con Ad Astra, un’etichetta che sa ancora osare di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-10-24 12:14:00



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