Settimana scorsa è uscito A Lorenzza, il primo EP di Lorenzza, all’anagrafe Lorenzza Lacerda Campos, rapper classe 2002 nata in Brasile e cresciuta a Pisa. Sin dalle prime ore dopo la release sotto i vari post che riprendevano la pubblicazione cominciava a uscire una serie di commenti negativi. Molti, moltissimi per un’esordiente (pur con molte attenzioni addosso). Il punto, è parso di capire sin da subito, era che Lorenzza con tutto questo c’entrava relativamente poco. Era piuttosto quel che lei simboleggia a essere preso di mira.
“Industry Plant”. Ogni tot commenti ne appariva uno con questa dicitura. Quest’espressione – che fino a tre giorni fa era una cosa riservata agli addetti ai lavori e all’improvviso è diventata imprescindibile per parlare di musica – sta a indicare qualcuno che diventa famoso per una decisione calata dall’alto, più per via delle sue entrature che del suo talento. Un’accusa pesante, dilagante sui social (pur nell’ambito della bolla in cui ci muoviamo) quasi da apparire coordinata. E che, riteniamo, Lorenzza non merita.
Lorenzza è forte. Forte come non ne capitano tutti i giorni, in un ambiente – quello del rap – completamente saturato, dove è davvero difficile trovare qualcosa che faccia la differenza. È giovane, ancora immatura in alcuni passaggi, ma sarebbe strano il contrario. Ma ha “un dono”. E chi l’ha vista nella sua prima vera esibizione live, al DR. MARTENS DAY presented by MI AMI, difficilmente può contestare questa affermazione.
Non c’è dubbio che Lorenzza sia stata fin qua “lavorata” (ecco, appunto…) in maniera molto professionale. I reel con la sua musica perfetta per i social, le piattaforme tenute vuote, i feat. e gli interessamenti già di rilievo nonostante la giovanissima età. Chi le sta a fianco – la crew di ESSE Magazine – sa benissimo come muoversi in questo mondo, e pure come orientarlo, e di conseguenza programma le mosse. Ma questa è una colpa? Al più è lo specchio dei tempi, e quasi sicuramente tutta questa acredine sui social vuole “punire” chi l’ha trovata e “valorizzata” (se poi vogliamo aprire il capitolo “conflitto d’interessi” va bene, ma non facciamolo per slogan per favore) più che lei.
Non per fare del benaltrismo, che non serve a nulla, ma oggi quasi tutti i progetti artistici sono Industry Plant (solo che prima in pochi sapevano cosa volesse dire), perché il business passa tutto il proprio tempo a cercare potenziali prospetti sin da quando sono “piccolissimi” e gli strumenti per fare scouting e pianificazione sono sempre più accurati. Ci sono dei casi clamorosi in tal senso, artisti praticamente incubati in laboratorio. Eppure a fare incazzare tutti quanti è Lorenzza. Mah.
Intendiamoci, quello di un’industria musicale sempre più “presente” e capace di condizionare i percorsi artistici è un grande tema. Che oggi la discografia – ma pure la musica live – sia tutta o quasi “storta”, che la situazione sia completamente degenerata, siamo i primi a dirlo, anzi a ripeterlo ogni giorno. A costo di sentirci i soliti vecchi che urlano alla luna. Oggi un artista spesso viene trattato come merce da cui estrarre il massimo del profitto, i percorsi vengono decisi a tavolino (anche prima che uno pubblichi qualcosa), marketing e “posizionamento” contano più di ogni cosa. Ma perché prendersela con una brava? Ancora una volta, la musica non conta. Non viene ascoltata prima di esprimere il proprio giudizio. E questa volta siamo stati “noi” a sminuirla.
—
L’articolo Lorenzza: questa volta la vostra “rabbia” ha mancato il bersaglio di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-11-18 14:00:00