L’Italia vista dall’Europa suona da Dio

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Negli scorsi giorni si è svolto il Linecheck Pop Up di Bologna, evento speciale organizzato dall’Emilia Romagna Music Commission e da Linecheck. Una sorta di piccola coda del Linecheck di Milano dello scorso novembre, con ospiti operatori nazionali e internazionali dell’industria musicale: discografici, promoter, agenti booking, artisti e quant’altro, sia in veste di relatori dei due panel di giornata, incentrati sulla valorizzazione dei talenti locali, che come pubblico degli incontri e dei concerti serali all’interno del Locomotiv, uno dei club più noti della zona.

Tra i presenti c’era anche Oskar Strajn, che da 9 anni si occupa della direzione artistica di Eurosonic, festival olandese che ogni anno porta a Groningen artisti provenienti da tutto il resto d’Europa. Un evento parecchio importante per tutto il continente, e che quest’anno per noi è ancora più da tenere d’occhio: ogni anno viene scelto un Paese come “focus country”, che quindi ha una presenza più massiccia rispetto agli altri (qua l’elenco completo degli artisti che suoneranno, tra cui anche R.Y.F., James Jonathan Clancy e Espana Circo Este, esibitisi a Linecheck Pop Up), e per questa edizione è proprio l’Italia a ricoprire questo ruolo. Era già successo nel 2007, in un’epoca discograficamente diversissima da oggi, ed è la prima volta nella storia di Eurosonic che un Focus Country si ripeta. Per cui non potevamo farci scappare l’occasione di parlare con Oskar e scoprire cosa succederà al festival.

Oskar Strajn

Cosa vi ha portato a scegliere l’Italia come Focus Country quest’anno?

Abbiamo parlato con molti italiani, e ci sembrava il momento giusto. Per noi sembrava una scelta naturale. Cerchiamo sempre di valutare il mercato, vedere cosa sta succedendo. E penso che dall’Italia siano arrivati gruppi incredibili. È un Paese in crescita, quello che è successo con i Måneskin è incredibile e ha sicuramente influenzato la nostra decisione, per esempio. Come anche i Meduza, che hanno suonato a Eurosonic in passato. E poi ci sono anche tutti queste progetti underground come Leatherette, Daniela Pes, Marta Del Grandi. Penso che tutti questi artisti dimostrino che c’è una domanda di musica italiana all’estero. E noi vogliamo aiutarla a crescere.

Cosa ti ha colpito di più della scena italiana attuale?

La quantità e la qualità. Abbiamo ricevuto tantissime candidature solo dall’Italia, con una grande diversità nei generi delle band, e anche un livello professionale elevato. Ogni artista capisce di dover avere un manager, un agente, ed è molto importante, perché è difficile per gli artisti fai-da-te arrivare a Eurosonic. Come artista, devi concentrarti sul tuo spettacolo, non hai il tempo di partecipare alla conferenza, incontrare persone e portare professionisti rilevanti alle tue esibizioni. Serve un certo livello di professionalità.

Come funziona il tuo lavoro?

Per scegliere la line up di Eurosonic abbiamo diversi partner, l’anno scorso ho partecipato a 25 eventi in tutta Europa, tra cui molti italiani. In totale, in tutta Europa e nel mondo, ne abbiamo circa 130 nella nostra rete. Quindi questo è già un grande contributo al nostro lavoro. Parliamo con i booker dei festival, con gli uffici export locali e poi, oltre a questo, riceviamo input anche dalle stazioni radio, ci danno feedback su ciò che è di tendenza e su cosa sta succedendo. Quindi questi sono tutti livelli di informazioni che aggiungiamo al processo.

Ma tu vuoi vedere tutte le band dal vivo, giusto?

Solo così puoi dire se una band vale davvero. Ovviamente a volte capita di sceglierne una senza averla già vista live, ci fidiamo delle persone sul posto. Ad esempio, i Leatherhette li ho sentiti al programma di Iggy Pop sulla BBC e avevo già deciso. Ovviamente poi ho controllato i video live su YouTube, ma il primo istinto era già chiaro.

Quante band suonano a Eurosonic?

In una sola notte suonano circa 100 band. Prendiamo il primo giorno di festival: la serate inizia alle 19 e finisce alle 2, questo solo di mercoledì, in contemporanea suonano 12 gruppi sparsi per tutta la città. 

Da noi sarebbe impossibile. Com’è la scena live a Groningen?

Andare ai concerti parte della cultura. In Olanda, in generale, le persone amano uscire. C’è una grande scena per la musica elettronica, ma anche per l’underground, il pop e il rock. Anche le generazioni più anziane vanno ai concerti. A Groningen ci sono almeno due club leggendari: Simplon, per la musica elettronica e alcune band, e Vera, un club underground per il rock. Ad esempio, Nirvana ha suonato al Vera. Poi c’è l’Oosterpoort, una grande venue dove ospitiamo anche la conferenza. Durante Eurosonic, il giorno dedicato agli olandesi, lì ospitiamo dieci palchi in un solo edificio. Inoltre, trasformiamo alcuni spazi in locali temporanei, come musei, portando tutto il necessario per creare un palco per le band. Devi essere creativo per gestire così tanti gruppi.

Negli ultimi anni, una fetta di pubblico francese si sta appassionando all’indie italiano. Ci sono connessioni simili che vengono fuori a ESNS?

L’Europa è un posto molto interessante sotto questo aspetto. Abbiamo il mercato unico, il libero commercio, ma culturalmente siamo molto divisi. Per esempio, a volte hai un artista olandese che vive vicino al confine con la Germania e che è molto famoso nei Paesi Bassi, ma 10 chilometri oltre il confine nessuno lo conosce. Puoi applicarlo a qualsiasi paese in Europa, è lo stesso. Quello che facciamo a Eurosonic è cercare di sfumare questi confini. Ad esempio, nei Paesi Bassi c’è una connessione molto forte con la Svizzera francese, specialmente con Ginevra, dove c’è un’etichetta chiamata Bongo Joe. È un’etichetta molto specifica, ma il genere che rappresentano è strettamente connesso alle band che si formano nei Paesi Bassi. Quindi questa connessione tra gli artisti e una scena musicale in crescita sta emergendo in entrambi i paesi, ed è molto speciale.

Quanto influisce la lingua sull’impatto di un artista in un paese straniero?

Credo che, a essere realistici, ci sia una preferenza per le band che cantano in inglese per avere successo all’estero. Ma se sei un gruppo italiano che canta in inglese e cerchi di sfondare nei Paesi Bassi, non funzionerà facilmente, perché ci sono già molte band locali che cantano in inglese, e lo stesso vale per le band britanniche. Quindi non riesci a distinguerti, è difficile. Per riuscire devi essere unico. E questa unicità può derivare anche dalla lingua.

 

Quali band ti hanno particolarmente colpito negli anni?

Be’, ce ne sono molte. L’anno scorso gli English Teacher sono stati incredibili. Poi c’è stata la cantante francese Zaho de Sagazan, che è stata una delle migliori performance di Eurosonic l’anno scorso. Dall’Italia, ovviamente, Daniela Pes.

In Europa e nel mondo intero la scena musicale britannica è molto forte. Ci sono altri fattori oltre a quello culturale per cui è così?

La scena britannica ha una logistica molto forte, con ottimi manager, agenti e connessioni globali. Questo rende più facile per le band emergere. Non devi essere a Londra per avere successo, ma avere un rappresentante ben connesso fa la differenza. Ecco perché vediamo tante band britanniche spiccare rapidamente.

Cosa vedremo a Eurosonic quest’anno?

Il programma è molto vario. Ci sarà di tutto: dal metal alla neoclassica, dall’underground al soul, dall’hip-hop al pop e rock. Il ventaglio è ampio, dipende da ciò che vuoi vedere. E quest’anno c’è un focus particolare sull’Italia, quindi vedrete tante ottime band italiane.


L’articolo L’Italia vista dall’Europa suona da Dio di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-12-16 17:09:00





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