Il liscio è l’unica musica che ha un odore e un sapore

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“Il nostro obiettivo è ripartire da dove il liscio si è fermato, negli anni ’70, dalle sue forme più pure”.
L’obiettivo è ambizioso, certo, ma l’ambizione non è mai stata un problema perEnrico Gabrielli, mente e anima dietro ad alcuni dei progetti musicali più belli e inaspettati degli ultimi anni. Qualche nome? Mariposa, Winstons e Calibro 35, ma anche le esperienze con gli Afterhours e oggi il tour con Colapesce Dimartino, Mike Patton, le sueCanzonineper bambini, I calamari, l’etichetta 19’40” (ovvero l’anti-classica), le colonne sonore. Potremmo andare avanti ancora parecchio.

Ruberemmo però spazio a una delle sue creature più strampalate e al contempo durature, l’Orchestrina di Molto Agevole, che qualche settimana fa ha pubblicato il suo nuovo disco A noi piace il liscio!, un “omaggio nei confronti di un costume popolare che va difeso e conservato dall’erosione del tempo”. Un disco di inediti, uscito per Casadei Sonora Edizioni, l’etichetta della famiglia Casadei, sigillo di garanzia supremo per il genere. Il disco è stato concepito in Romagna, ogni brano parte da una danza appartenente al panorama del liscio e si chiama come i bimbi dei musicisti del gruppo, “così da tramandare un’eredità musicale come da genitori a figli”.

L’Orchestrina era nata nel 2012, in una maniera abbastanza particolare, ha inciso un vinile dal titolo Agevolissima vol.1 (2014) e un 45 giri che si chiama Gran Ballo in Bellezza (La Tempesta Dischi, 2015). Con gli anni ne hanno fatto parte, o han suonato con loro, oltre a Gabrielli, Vinicio Capossela, Manuel Agnelli, Roberto Dell’Era, Dente, Andrea Poggio, Rodrigo D’Erasmo, Rocco Marchi, Emidio Clementi, Andrea Belfi e molti altri ancora.

Questa è la formazione attuale:

Francesca Biliotti, voce solista
Francesco Paolo D’Elia, violino
Guido Baldoni, fisarmonica
Enrico Gabrielli, clarinetto, sax contralto, pianoforte, voce, percussioni
Alessandro Grazian, chitarra, banjo, voce
Francesca Baccolini, contrabbasso
Davide “Dave” Radice, batteria

La nostra passione per il liscio, di cui avevamo già scritto qui, ci impone una chiacchierata con Enrico Gabrielli.  

Sono settimane ormai che festeggiamo i 70 di anni di Romagna mia. Tu che rapporto hai con questo brano?

Penso che sia una delle più belle canzoni mai scritte sulla nostalgia di un luogo. Non è la sola, certo, io che sono toscano penso subito a La porti un bacione a Firenze, a un milanese verrà in mente O mia bela Madunina. La stessa orchestra Casadei ne ha altre nel repertorio, come San Marino goodbye. Ma Romagna mia rimane di una potenza ineguagliabile. Somiglia quasi all’opera e non è un caso sia uno dei brani italiani più famosi nel mondo.  

Qual è il suo segreto?

Sta nella “doppia anima” del suo creatore, Secondo Casadei. Come lui, quel brano è nobile e popolare allo stesso tempo. Secondo era un nobile del popolo. Era stato povero, suo padre era un sarto ambulante, professione che aveva imparato anche lui, ma i suoi modelli erano Strauss e Rossini. Ogni giorno cercava di elevarsi partendo dagli strumenti della gente comune. Alto e basso assieme. 

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Tu la suoni Romagna mia?

Ricordo che per i 65 anni del pezzo, quindi 5 anni fa, la suonammo con l’Orchestrina assieme ad altri due pezzi composti da Secondo, che per noi rimangono due must assoluti. Uno è Atomica ’64, che è uno dei nostri cavalli di battaglia. L’altro è Baciarti così, un pezzo assurdo che pare quasi di Duke Ellington o Glenn Miller. Una composizione jazzistica, che non è esattamente nei suoi canoni, ma che fa capire quanto il personaggio fosse musicalmente di valore.  

Torniamo indietro alla nascita dell’Orchestrina. Per te è una questione privata. 

La formazione è nata nel 2012 in occasione del mio matrimonio (le foto che vedete provengono da quell’occasione). Volevo inventarmi qualcosa per intrattenere gli ospiti, che erano quasi tutti musicisti. C’erano Agnelli, Dragogna, Dente, Bianconi, Roberta Sammarelli. A un certo punto ho chiesto a tutti di vestirsi da contadini d’epoca, una cosa un po’ in stile belle epoque. Eravamo nella casa dei miei in campagna e abbiamo cominciato a fare giochi da fiere di paese degli anni ’30, tipo il tiro alla fune. Nei giorni prima avevo ascoltato un disco dell’orchestra Storia di Romagna, formazione che esiste ancora e fa versioni originali degli spartiti di Secondo Casadei. Quel disco è stata un’illuminazione. Ho detto: “facciamolo anche noi al matrimonio”. 

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Cosa avete suonato?

Rosamunda, Reginella campagnola e qualche altro pezzo un po’ fuori dagli standard. Abbiamo fatto le prove aperte in abbazia la mattina e poi suonato per 40 minuti. In formazione c’era un oboista al posto del clarinetto in DO, la cantante era mia cognata. Era una cosa improvvisata. C’erano Rodrigo D’erasmo e Sebastiano De Gennaro batteria, più altri amici. Doveva essere una cosa “one shot”. Ma si sa che le cose nate in famiglia sono dure a morire, nel bene e nel male.

Tanto che poi avete cominciato a girare live e fatto anche un primo disco, che ormai ha 10 anni di vita. 

Il primo “vero” concerto è stato in Romagna al lido dell’Hana-Bi. Il gestore, incosciente, ebbe idea di prendere uno dei manifesti storici dell’Orchestra Casadei per promuovere la serata. Quella sera stessa ricevemmo la visita del manager di Raul Casadei, che venne a controllare perché era stato usato un loro manifesto. Vide che eravamo degli scappati di casa, e si rilassò.

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Cosa vi disse?

Si dimostrò interessato a quel che facevamo, anche se i nostri primi concerti erano davvero naïf. Allora che una realtà “indie” e il liscio si incontrassero era qualcosa di difficile persino da concepire, però scoccò una miccia di curiosità. Ci invitò a un evento di Mirko Casadei alla balera storica di Cesenatico. Andai lì con la mia signora e mia cognata, la bionda e la mora. Ci diedero lo spumantino, poi si aprirono le danze. Poco dopo conoscemmo Riccarda Casadei, figlia di Secondo, che ancora oggi ne gestisce le edizioni. Ed entrammo in “famiglia”.

Sei un ricercatore instancabile di musica. Del liscio cosa ti interessa? 

Negli anni di Raul Casadei, che ha avuto enormi meriti anzitutto dal punto di vista del marketing, il genere è diventato soprattutto una questione di costume. A noi invece interessa puntare sulla musica, scavando tra le forme compositive. Partendo dai modelli originali, straordinari, e affiancandoci la nostra capacità di scrittura e voglia di sperimentare. È quello che abbiamo fatto nel disco. 

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Da dove deriva il liscio?

Ci sono elementi che provengono dalle culture popolari di mezzo mondo. Secondo Casadei ha scritto piu di mille pezzi, pensati per il consumo popolare eppure dotati di un senso del bello e di capacità tecniche fuori dal comune. L’uso di alcuni strumenti viene dalla tradizione balcanica ancora più che da quella adriatica, altri intuizioni paiono derivare dalla cultura mariachi, così come non mancano quelle “figliate” dalla cultura popolare mitteleuropea di stampo mozartiano.

Dovessi circoscrivere la musica liscia a una sola parola, un solo concetto. 

Simpatia. Il concetto di simpatia, che è tipico di Secondo Casadei e di chi l’ha succeduto, è qualcosa di molto più profondo di quello che si immagini. Il violino, che è lo strumento simbolo del liscio, in questo genere è sempre suonato “per simpatia”. Andatevi a vedere cosa faceva Carlo Brighi, violinista della formazione originale, e capirete di che parlo.

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Cos’ha che altre musiche non hanno?

È musica sinestetica. Ha un odore – non conosco altre musiche che hanno ne hanno uno, a parte un certo tipo di urban che sa di droghe e palestra – e un sapore. Porta immediatamente l’estate, e sa di cibo. Lo vedi subito con i bambini, che non sono capaci di “hating”. Quando parte il liscio, non resistono: ballano, ridono oppure vanno in imbarazzo. È qualcosa di istintivo, sciamanico.

Voi scrivete inediti (come fa di moda dire oggi) in un genere che campa di standard. Come si creano “nuovi lisci”?

Io nel disco ho scritto sette pezzi e Alessandro Grazian tre. Abbiamo preso per ogni danza tipica (valzer, polka, mazurka, cha cha cha, quadriglia, etc.) un brano che possa rappresentarne un modello storico (per il valzer, ad esempio, Estasi, un pezzo bellissimo dei Casadei), da lì abbiamo lavorato di fantasia con carta, penna e pentagramma. 

Foto del matrimonio di Enrico Gabrielli nel 2012, per concessione dello sposo

Perché è fin qui mancata una storicizzazione del liscio, che rischia sempre un po’ di essere buttato in burletta?

Perché suonare il liscio, checchè se ne dica, è difficile. E altrettanto all’ascolto. Per quanto sia una forma d’aggregazione nazionalpopolare, parliamo senza dubbio di una musica per iniziati. Tutti coloro che si cimentavano all’inizio con il genere erano sì dei musicisti formalmente “analfabeti”, ma incredibilmente preparati. Fiorenzo Tassinari è stato uno dei piu grandi sassofonisti d’Europa: se si fosse messo a fare jazz oppure pop, lo si sarebbe confuso con uno dei sax leggendari americani degli anni ’80. E poi è una musica regionale, anzi ci sono diversi “lisci”, uno per ogni zona della Romagna e questa parcellizzazione ha inibito il processo di comprensione e divulgazione. Infine, a differenza di altri generi, penso alla pizzica, non ha goduto di investimenti di marketing altrettanto efficaci. 

Perche sbaglia chi pensa che il liscio sia “solo” il sabato sera in balera?

È snobismo. C’è chi la guarda dall’alto in basso perché è una “musica del popolo”, chi la considera una cosa da vecchi, chi la odiava per questioni “politiche” (mio padre, del PCI, la considerava musicaccia, perché era disimpegnata).  Sono gli stessi identici ragionamenti che sono stati fatti per la club music degli anni ’80 e ’90, prima che tutti corressero a rivalutarla.

Cosa provi quando la suoni dal vivo?

Io nasco in banda. Nel mio paese, Ambra, 6mila abitanti, c’è ancora la banda, la pro loco, il cineforum. Suonare questo genere per me è ritrovare un contatto con le mie radici e darmi la possibilità di dialogare con gli anziani, cosa che nella nostra quotidianità è sempre difficile da ottenere. Ma quel dialogo è importante, non bisogna interromperlo mai. 


L’articolo Il liscio è l’unica musica che ha un odore e un sapore di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-07-11 14:41:00



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