Ventuno novembre 1996: a New York si tiene il primo “World Television Forum”. I capoccioni del medium più popolare al mondo si riuniscono per discutere il futuro del loro figlioccio dalle uova d’oro e l’Onu ne approfitta per proclamare la giornata mondiale della televisione. Già, oggi è la festa della tv, di quella bella e di quella brutta, del tubo catodico che si gode la pensione e di chi si addormenta la notte di fronte all’ultrapiatto ultimo modello dai pollici infiniti. E per buttarla in caciara, ecco una colonna sonora degna dell’evento.
AFTERHOURS –TELEVISIONE
C’è da perdersi nell’abituale testo criptico di Manuel Agnelli, c’è da perdersi soprattutto in Hai paura del buio?, architrave del rock tricolore, uno degli album più significativi del nostro patrimonio indie. “Come un assassino, prima o poi, chiaro che ti uccido dentro”, canta Manuel in Televisione: chiaro fino a un certo punto…
ALBERTO CAMERINI – LA STRAORDINARIA STORIA DELL’INVEZIONE DELLA TELEVISIONE (A COLORI)
Altro grande album, epoca storica differente ma in quanto a bellezza siamo lì. Cenerentola e il pane quotidiano segna il folle esordio, su etichetta Cramps, di Alberto Camerini, ancora lontano dai (fruttuosi) deragliamenti degli anni ’80. La straordinaria storia dell’invenzione della televisione (a colori) preconizza una società che trova di meglio da fare di passare il tempo di fronte alla tv: “Allora la gente la sera rideva ricordando il tempo della grande sensazione, della fantastica euforia, della straordinaria storia dell’invenzione della televisione”. Non è andata esattamente così…
CALCUTTA – RAI
Viva la Rai, che ci fa crescere sani, diceva il poeta. Ne sa qualcosa Calcutta, che sul tetto della Rai si è addirittura esibito in concerto qualche anno fa, in puro stile Savile Row. Alla mamma di tutti noi, il cantautore di Latina ha dedicato un pezzo, un atto d’amore o giù di lì: “Voglio far centro qui alla Rai, voglio restare qui”. Evidentemente, il buon Edoardo, quando arriva dalle parti di Corso Sempione, sente il cuore a mille…
CAPAREZZA – TELEMONNEZZA
Quando Caparezza si arrangiava nel garage di casa e disseminava demotape. Come Ricomincio da Capa, anno domini 1998, all’interno del quale è incasellato Telemonnezza. Suono sgraziato, testo cattivo, ironico, anche se non complesso come quelli che arriveranno in seguito. Caparezza descrive l’incubo della televisione di fine anni ’90, e ci si rende subito conto che il tempo è passato invano: santoni, quiz, vallette, televendite, numeri al lotto… Ce n’è abbastanza per gettare via il telecomando.
GIORGIO GABER/ENZO JANNACCI – LA STRANA FAMIGLIA
Una famiglia succube della televisione, protagonista degli studi della Rai e di Mediaset con i loro casi umani. Gaber e Jannacci smontano i meccanismi del piccolo schermo con ironia e sarcasmo, anche se poi si fanno una domanda seria: ma non è che, per colpa della Rai e di Berlusconi (è il 1991 e il buon Silvio non è ancora sceso in campo) stiamo diventando tutti coglioni? Piccola curiosità: tra i tanti programmi citati nel testo di La strana famiglia, a tutt’oggi rimangono in piedi soltanto “Chi l’ha visto” e “Un giorno in pretura”. E a proposito di Enzo Jannacci, guai a dimenticare la sua “La televisiun”.
MAX GAZZÈ –I FORZATI DELL’IMMAGINE
Max Gazzè la tocca piano: “Siamo l’esercito dei disperati, i nuovi forzati dell’immagine, dateci i soldi ed avrete l’eternità. Siamo persone un po’ sotto la media, viviamo di invidie e di banalità, ma dateci i soldi e tutto si aggiusterà”. Tutto il resto è un microcosmo di numeri in sovraimpressione da formulare, gioielli offerti a prezzi stracciati e un’astronave 1.000 di cilindrata extra lusso. Si può trovare tutto grazie al rutilante mondo della televisione, basta pagare.
MERCANTI DI LIQUORE – IL SUDDITO PEGGIORE
Essere contro? Non conviene: troppi sbattimenti, meglio lasciarsi andare. Con l’aiuto di un potente narcotico: la televisione. Che, nella visuale dei Mercanti di Liquore, appare alla stregua di un ricettacolo di brutture quotidiane. I quiz, il Grande Fratello, i telegiornali: come si fa a evitarli? Meglio arrendersi, e trasformarsi in suddito. Il suddito peggiore.
POST NEBBIA – TELEVENDITE DI QUADRI
La timbrica del suono dei Post Nebbia è unico e riconoscibile. Come sono uniche (e altrettanto riconoscibili) le televendite di quadri, uno degli spettacoli più trash, e al tempo stesso affascinanti, della televisione commerciale. Il parallelo offerto dalla band padovana nel testo di Televendite di quadri è quantomeno interessante: siamo anche noi in vendita, qualcuno decide le nostre azioni con un telecomando. “Cosa direbbe Freud di noi?”.
PUNKREAS – ULTIMA NOTTE
Poi c’è chi sogna di liberarsi della tv, di mandarla in frantumi. No, non è una metafora. I Punkreas cantano l’ultima notte di un apparecchio televisivo, l’ultima notte con i Tg, con la pubblicità, con un mondo parallelo di cui aver paura. “Prendo la tele e la butto dal balcone, e solo allora mi si accende la ragione”. Lo spettacolo è finito (in pezzi).
SICK TAMBURO – TELEVISIONE PERICOLOSA
Ecco: la televisione dà degli ordini. Fai questo, fai quello, fai così, non fare cosà. Al limite, si può sempre disobbedire, ma trattasi di lotta impari. La televisione è pericolosa, i Sick Tamburo affondano il colpo e non usano giri di parole. Fino agli estremi: “Parlami ora, parlami ancora, dimmi cosa devo pensare, leggi un libro, questo libro, non questo, non quello”. E mano al portafoglio.
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L’articolo Dieci belle canzoni italiane dedicate alla televisione di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2024-11-21 10:55:00