Palazzo Malagola si trova a Ravenna, in via di Roma, pieno centro storico, di fronte alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo: stiamo parlando di un edificio costruito attorno al 1700 dall’omonima famiglia. Nel corso degli anni, com’è facilmente intuibile, si sono accavallate proprietà e destinazione d’uso diverse, ma non è certo questa la sede per ripercorrere i tanti cambiamenti che si sono succeduti nella gestione del Palazzo.
Anche se non può mancare un riferimento temporale preciso: siamo nel 2021, il Comune di Ravenna decide di affidarne la gestione a un centro di ricerca vocale e sonora, Malagola la ragione sociale, dalle attività articolate su piani tra loro connessi: una scuola di vocalità e di studi sul suono; un centro di archivi sonori, audiovisivi e d’arte come l’Archivio Albe e l’Archivio Demetrio Stratos; il Collegio Superiore di Estetica della Scena con i suoi incontri, seminari e partnership editoriali. Il Centro è stato sin da subito affidato alla curatela dell’attrice, autrice e scenografa Ermanna Montanari e al docente universitario Enrico Pitozzi.
Ecco, sul fatto che un’amministrazione comunale decida di affidare un Palazzo di innegabile pregio storico ed estetico a un centro di ricerca vocale anziché destinarlo a un albergo accompagnato da svariate stelle, a un B&B di lusso se non ad attività commerciali di svariato genere, è di per sé confortante. Significa che non tutto è perduto, che persino noi, che di un certo tipo di musica non potremmo mai fare a meno, possiamo affidarci a qualche (sia pur rara) salvifica certezza. Una in particolare: Demetrio Stratos non verrà dimenticato.
Grazie anche al lavoro del Centro Malagola che, nel 2022, ha acquisito da Daniela Ronconi, la vedova della voce degli Area, il già menzionato Archivio Demetrio Stratos con l’aiuto determinante del Comune di Ravenna e di un co-finanziamento della Regione Emilia Romagna. Un fondo tuttora gestito dal Teatro delle Albe e dal Ravenna Teatro attraverso il Centro Malagola, che rappresenta il primo, fondamentale nucleo in espansione di un patrimonio di rilevanza primaria.
Due anni or sono, palazzo Malagola ha ospitato la prima delle mostre dedicate a Stratos, incentrata in particolare sui suoi rapporti con John Cage, lo scorso 14 dicembre ha invece preso il via “Fino ai limiti dell’impossibile, la ricerca vocale di Demetrio Stratos, 1970-1979”, una sorta di secondo movimento, o se preferite, di una esposizione 2.0. Questa volta il focus è sulla voce, sulla vasta gamma delle sue possibilità prima dell’acquisizione del linguaggio, in particolare in relazione alla vocalità dei popoli del mondo. La parola chiave è sperimentare, nient’altro che la missione della breve vita offerta aDemetrious Efstratios (questo il nome registrato all’anagrafe di Alessandria d’Egitto, luogo di nascita del futuro musicista, nel 1945). Ma la mostra ospitata in via di Roma è tanto altro. Non potevamo esimerci dal consumarvi una puntatina: abbiamo visto cose che voi umani…
Una mostra divisa in sette sale: la prima raccoglie poster, manifesti, in particolare del periodo Area, la chicca è tutta in una rappresentazione grafica di un collage di vinili editi dalla Cramps, l’etichetta discografica fondata da Gianni Sassi, messi assieme con il contributo dei folli schizzi di un Andrea Pazienza in ottima forma, una rarità sbarcata a Ravenna grazie ai buoni uffici di Casa Bucci di Pesaro. La seconda e la terza sala sono affidate all’ascolto dei vocalizzi, delle variazioni fonetiche, dei risultati delle ricerche vocali dell’artista di origini greche attraverso l’opzione dell’immersione completa, con un numero imprecisato di casse acustiche a rimbalzare una serie di sperimentazioni impressionanti (ai limiti dell’impossibile, appunto), oppure aiutandosi con semplici cuffie. Altra sala, altro giro messo a fuoco da un lungometraggio girato nel 2009 da Monica Affatato e Luciano D’Onofrio, una carrellata di testimonianze e filmati d’epoca dal titoloLa voce Stratos, mentre poco più in là, in un ambiente adiacente, si finisce alle prese con dei filmati presi in prestito dalla Teche Rai, tra cui un documentario dalla durata di 25 minuti mai visto prima nella propria interezza, in cui si assiste a uno Stratos impegnato a impartire lezioni sulle infinite possibilità offerte dalla voce.
Un altro spazio ancora è dedicato a oggetti e memorabilia, i cultori di giornalismo musicale avranno la possibilità di misurarsi con l’ormai leggendaria recensione di Crac!, il 33 giri degli Area uscito nel 1974, firmata da Riccardo Bertoncelli e finita tra le pagine del mensile Gong, nonché con il manoscritto originale della risposta di uno Stratos per nulla diplomatico (“Caro Bertoncelli, collezionista di dischi o infermiere del pop? Fai tu. La mia non è solo una risposta alla tua recensione su ‘Crac!’ ma una didascalia sul piano tecnico-musicale concettuale, politico, per recuperarti, anche solo per un attimo, dalla tua narcolessia musikale”. And so on…). Non finisce qui: la sala ospita il manufatto originale raffigurato nella copertina di Arbeit Macht Frei: c’è da dire che, visto da vicino, fa ancora più impressione. A dirla tutta, incute quasi timore!
L’ultima sala, creata ad hoc in previsione della mostra, è quella più appetitosa, almeno a parere di chi scrive: vi si trovano alcuni dei vinili appartenuti a Stratos, peraltro conservati in modo impeccabile, album che oggi classificheremmo d’istinto nella categoria “world music”, capaci di spaziare tra ogni latitudine, dall’Europa all’Oceania, con una particolare attenzione all’Oriente. Da quei dischi, digitalizzati e ascoltabili attraverso l’ausilio di un box, è partito tutto: le sperimentazioni, il lavoro sulla voce, gli esercizi in qualche modo spirituali che hanno spinto sempre più in là il limite di una ricerca ossessiva.
Non solo vinili: gli organizzatori della mostra hanno avuto la possibilità di recuperare un inedito assoluto: la colonna sonora diSatyricon, spettacolo teatrale messo in scena dalla Compagnia dell’Elfo di Milano tra il 1978 e il 1979 con la regia di un giovane Gabriele Salvatores. Colonna sonora registrata sul nastro di una bobina, mai uscita dalle stanze del Teatro dell’Elfo, recuperata e digitalizzata per l’occasione, anch’essa disponibile per l’ascolto. Esercizi sonori ma non solo: nell’operazione si infila lo zampino di Paolo Tofani e di altri musicisti. Sembra incredibile, ma nessuno, almeno fino a ora, si è mostrato interessato a divulgare questo ben di dio per renderlo a disposizione di tutti, trasformandolo in un vinile o in qualsiasi altro formato. Che la mostra ravennate serva a smuovere le acque?
Potremmo continuare ancora per un po’, ricordare che Palazzo Malagola offre tanto altro: fotografie (ce n’è anche per gli appassionati di Guido Harari e Roberto Meazza), spartiti, altri manoscritti originali, oggetti curiosi come uno scacciapensieri, oppure un cronometro usato dallo stesso Stratos quando gli capitava di misurarsi con i complicati spartiti di John Cage come Mesostic, per non parlare dei documenti (non solo sonori) relativi al lavoro portato avanti sui testi di Antonin Artaud, riferimento non casuale a Per farla finita col giudizio di Dio, performance mandata in onda, nel 1979, da Radio France Culture.
Di sicuro dimentichiamo qualcosa, tranne farci una domanda in ossequio all’ormai imperante ucronia che circonda le nostre vite rendendole più intriganti. Eccola: se il destino non avesse agito in modo così crudele, cosa ne sarebbe oggi di Demetrio Stratos? Abbiamo girato la domanda a Marco Sciotto, che, insieme a Dario Taraborelli, è uno dei curatori associati della mostra: “Da una parte è interessante” spiega Sciotto “questa sua relazione con l’ambito teatrale: la ricerca di Stratos era così trasversale da attraversare le arti visive così come quelle performative, probabilmente un approfondimento dell’interesse con la scena teatrale avrebbe potuto rappresentare il suo futuro, il Satyricon potrebbe apparire come un inizio. Da un’altra prospettiva, parlando con gli ex componenti degli Area in occasione della mostra organizzata nel 2023, è emerso che i due dischi da solista di Stratos, parlo di Metrodora e Cantare la voce, sembravano raccogliere le tecniche per avvantaggiare un salto a livello compositivo, quindi, probabilmente, lo sprofondamento nelle possibilità offerte dalla voce si sarebbe manifestato in un’altra dimensione. È un po’ come se il cantante della band milanese si stesse dotando dell’armamentario utile a dirigersi verso un’altra direzione. Addirittura, Patrizio Fariselli e gli altri componenti degli Area ci hanno riferito che, oltre agli studi su diplofonie e triplofonie, il loro compagno stava lavorando sulle quadrifonie, quindi sulla possibilità di tirare fuori quattro suoni con un’unica emissione vocale”.
Ucronie o no, il consiglio è di non perdere questa mostra. Il tempo scadrà il prossimo 31 gennaio, l’ingresso è gratuito. Astenersi collezionisti di dischi e infermieri del pop.
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L’articolo Demetrio Stratos non verrà dimenticato di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2025-01-14 09:55:00