sarà obbligata a vendere Chrome?

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Non è un segreto che Google abbia costruito la propria fortuna sulla ricerca web, l’omonimo servizio e il browser proprietario Chrome sono da tempo tra gli strumenti più utilizzati dagli utenti a livello globale, tanto da garantire all’azienda il 90% dell’intero mercato. Il colosso di Mountain View opera dunque in una posizione di monopolio, cosa che non è piaciuta al Dipartimento di Giustizia (DOJ) degli Stati Uniti; un paio di giorni fa erano trapelate alcune indiscrezioni su come l’ente appena menzionato fosse intenzionato a costringere il colosso alla vendita di alcuni servizi, tra cui Chrome e Android. Nella giornata di ieri, il Dipartimento di Giustizia ha depositato un documento con tutta una serie di indicazioni sul da farsi, indicazioni che secondo Google altro non farebbero che penalizzare gli utenti sotto diversi punti di vista.

Google potrebbe essere costretta a vendere il browser Chrome

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha ufficialmente chiesto a Google di vendere il suo browser Chrome come pratica risolutiva delle problematiche derivanti dalla sua posizione dominante nel mercato, oltre a ciò l’ente ha sostenuto che la società non dovrebbe solo essere costretta a cedere il browser proprietario, ma dovrebbe anche a condividere i risultati di ricerca e i dati con le aziende rivali operanti nel settore, e ad adottare diverse altre misure per garantire una corretta concorrenza.

La vendita di Chrome inoltre non sarebbe sufficiente a garantire la fine del monopolio di Google, al colosso infatti sarebbe fatto divieto di rientrare nel mercato dei browser per cinque anni, non potendo di conseguenza né investire né acquistare tecnologie di aziende concorrenti nei settori dei motori di ricerca o delle tecnologie pubblicitarie.

Secondo il Dipartimento di Giustizia statunitense “Google ha manipolato il suo controllo su Chrome e Android per trarne vantaggio, condividendo al contempo i profitti del monopolio in condizioni tali da indurre terze parti nell’ecosistema ad aiutare Google a mantenere i suoi monopoli. La condotta esclusiva di Google ha, tra le altre cose, reso Google il default quasi universale per la ricerca“.

L’intento dell’ente è dunque quello di garantire una regolamentazione del settore eliminando il predominio di Google e favorendo di conseguenza l’innovazione, la proposta prevede che Google sia soggetta a una regolamentazione intensa per il prossimo decennio, che sarà supervisionata dalla Corte Federale.

Il Dipartimento di Giustizia infine ha avanzato una serie di altre richieste, nello specifico:

  • Google non può pagare o offrire “altri termini commerciali” ad Apple e terze parti che li disincentivino dal creare il proprio motore di ricerca o annunci di testo di ricerca. Sono inoltre vietati i pagamenti di condivisione dei ricavi.
  • Google deve rendere disponibili i dati di ricerca e degli annunci a terze parti per consentire la creazione di concorrenti. Questa “sindicazione dei risultati di ricerca” deve essere in vigore per 10 anni.
  • “Google deve fornire agli editori online, ai siti Web e ai creatori di contenuti un meccanismo facilmente utilizzabile per scegliere selettivamente di non far sì che il contenuto delle loro pagine Web o dei loro domini venga utilizzato nell’indicizzazione della ricerca; utilizzato per addestrare o perfezionare modelli di intelligenza artificiale o prodotti di intelligenza artificiale”
    • “Google non deve esercitare ritorsioni nei confronti di alcun editore, sito web o creatore di contenuti che scelga di non aderire ai sensi di questa disposizione”.
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Anche Android nel mirino

Browser web e motori di ricerca non sono gli unici argomenti finiti sotto la lente d’ingrandimento del Dipartimento di Giustizia americano, anche il settore mobile potrebbe infatti creare non pochi problemi a Google: la prima opzione paventata dall’ente prevede di intraprendere un’azione immediata e diretta per eliminare specifiche pratiche anticoncorrenziali correlate ad Android (Google non potrebbe rendere obbligatorio qualsiasi Google GSE, Search Text Ads o AI Product inclusa l’intelligenza artificiale sul dispositivo su smartphone e tablet Android, non potendo al contempo impedire o interferire con la distribuzione di GSE rivali, annunci di testo di ricerca o prodotti AI). La seconda opzione invece prevede una supervisione prolungata da parte della corte e del governo degli Stati Uniti.

Per quanto l’ente auspichi la vendita del sistema operativo mobile “a un acquirente approvato dai querelanti a loro esclusiva discrezione“, è comunque consapevole dell’ovvia e strenua opposizione di Google, motivo per cui non ha ancora sancito alcun obbligo al riguardo ma ha proposto un’alternativa: “Come alternativa alla cessione di Android, i querelanti hanno presentato rimedi comportamentali che ottunderebbero la capacità di Google di usare il suo controllo sull’ecosistema Android per favorire i suoi servizi di ricerca generali e i monopoli degli annunci di testo di ricerca, nonché limitare la capacità di Google di discriminare a favore delle sue attività di ricerca e annunci“.

Per quanto tutto sia ancora in divenire, se Google non dovesse adeguarsi alle disposizioni e non dovesse prendere provvedimenti per ripristinare la concorrenza del settore, potrebbe in futuro essere costretta a vendere Android.

La risposta di Google

Inutile sottolineare come Google sia fortemente contraria alle richieste avanzate dal Dipartimento di Giustizia, l’azienda ha infatti definito estreme le proposte dell’ente, sottolineando come queste potrebbero danneggiare i consumatori, le aziende e la competitività globale dell’industria tecnologica statunitense, in particolare in settori come l’intelligenza artificiale.

Attraverso un comunicato stampa Google ha sottolineato diversi problemi derivanti dalle richieste dell’ente, evidenziando tutta una serie di possibili effetti negativi:

  • Mettere a repentaglio la sicurezza e la privacy di milioni di americani e compromettere la qualità dei prodotti amati dalla gente, imponendo la vendita di Chrome e potenzialmente di Android.
  • Richiedere la divulgazione a società straniere e nazionali sconosciute non solo delle innovazioni e dei risultati di Google ma, cosa ancora più preoccupante, delle query di ricerca personali degli americani.
  • Raffreddiamo i nostri investimenti nell’intelligenza artificiale, forse l’innovazione più importante dei nostri tempi, in cui Google gioca un ruolo di primo piano.
  • Danneggiano i servizi innovativi, come Firefox di Mozilla, le cui attività dipendono dalla fatturazione da parte di Google per il posizionamento nei risultati di ricerca.
  • Limitare deliberatamente la possibilità degli utenti di accedere alla Ricerca Google.
  • Imporre al governo la microgestione della Ricerca Google e di altre tecnologie nominando un “Comitato tecnico” con un potere enorme sulla tua esperienza online.

Dunque questa è, a grandi linee, la situazione. Il tutto è ovviamente ancora nelle fasi iniziali e ci vorrà del tempo prima che la situazione si rivolva o affinché l’ente trovi un accordo con Google che soddisfi entrambe le parti; il prossimo mese il colosso di Mountain View presenterà le proprie proposte, rimandando al prossimo anno una presentazione più ampia dell’intero caso.

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