Investimento, pentimento
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L’estate è la stagione dei sogni. Il mercato alimenta pensieri trionfalistici, spesso e volentieri sovrastimati alla stregua di un Icaro con un volo radente al sole. Ma quanto si può spendere senza mai arrivare all’obiettivo principale, leggasi trionfo nazionale? Perché, l’Atalanta insegna, è vero che certi traguardi sono impareggiabili ma la realtà ha una gravità tutta sua, che ti rispedisce dritta al suolo. E risollevarsi non sempre segue la stessa meccanica di gesto. Ad esempio, in Premier League ci si appiglia al denaro.
Non è un caso che ci siano sei società inglesi in fila nella parte alta della top10 di chi ha speso di più sul mercato senza laurearsi campione. Segue il Borussia Dortmund, arrivato davvero a un soffio dalla gloria nel 2022/23, e la Roma, che deve a Luciano Spalletti l’ultimo miraggio scudetto. Sarà anche per questo che, per smania di riprovarci, i Giallorossi siano tornati piuttosto attivi in entrata dopo un biennio di cinghie tirate. Una voglia di esserci che ha investito la già citata Atalanta in questa estate, quella che nelle intenzioni doveva essere fatta più di conferme che modifiche. Niente, Koopmeiners e Lookman chiedono la cessione, Scamacca finisce k.o., Gasperini lamenta poco legame con il nero e l’azzurro e tutto cambia. Così, dopo Retegui, la Dea dovrebbe intervenire ancora sul mercato e consolidare la propria posizione di chi spende e non sale in cima al proprio Paese. Per ora e sempre davanti al Marsiglia finito nelle mani di Roberto De Zerbi affinché ne plasmi una creatura capace di rompere il dominio del PSG in Ligue 1.
