Spesa senza resa
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Il proverbio parla chiaro: la perfezione si raggiunge con massima resa e minima spesa. L’efficienza, però, non è facilmente applicabile al mondo dello sport e dei suoi aspetti economici. Il calcio non fa eccezione e la forbice fra investimento importante e produttività fa sempre più fatica a chiudersi, in un mercato che si è spinto sempre più verso l’alto senza avere giuste “reti di protezione”.
Avere un paracadute è necessario perché ogni acquisto è corredato da una dose di rischio e non cambia se il volume di denaro impiegato è oltre budget, semmai ne diventa un’aggravante. E non c’è soluzione che tenga. Il palliativo è il prestito, vedi il caso recente di Randal Kolo Muani, al PSG per 95 milioni di euro e dopo un anno e mezzo indirizzato alla Juventus.
Il francese funge da elemento fuori parentesi di un trittico di trasferimenti andati male, fra cui quello di Romelu Lukaku che, da King di San Siro, ha voluto fortemente tornare al Chelsea per poi far dietrofront a capo chino, uscendo irrimediabilmente fuori binario. Male nell’Inter bis, idem con la Roma l’anno successivo, oggi prova a rimettersi in pista con il Napoli e il protettore Conte. Il belga punta allo scudetto, cosa che già non è più alla portata del Milan di Morata (in campo), Jović (ai margini della rosa) e Ibrahimović (nei passi del dirigente). Ognuno ha provato la via del grande club stranieri a peso d’oro ma il colpo è rimasto in canna.
Il serbo è svanito nel lasciare l’Eintracht, lo spagnolo ha provato sulla propria pelle la diversità della Premier League (cosa successa anche a João Félix dopo i 127 Mio. € pagati dall’Atlético e a Sancho allo United per 85), lo svedese non ha matchato come avrebbe voluto con la filosofia blaugrana. Per loro, per fortuna, è arrivata la Serie A in soccorso. Quell’isola felice che Kolo Muani, passato da 80 a 30 milioni di euro di valore di mercato nell’intermezzo al Paris, si augura di trovare nella Torino Bianconera, tanto cara a Pjanic, meno ad Arthur, lo scambio extra-large che scontentò tutti.