Sicurezza delle informazioni aziendali e intelligenza artificiale: perché non puoi permetterti leggerezze

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Introduzione

L’intelligenza artificiale è diventata un alleato prezioso per le aziende: crea documenti, analizza dati, supporta clienti e automatizza processi. Tuttavia, in questa corsa verso l’innovazione, molte realtà aziendali trascurano un aspetto critico: la sicurezza delle informazioni.

Spesso, senza saperlo, dirigenti e dipendenti inseriscono in strumenti di IA cloud-based dati riservati o sensibili, esponendo l’azienda a rischi legali, reputazionali e operativi. In questo articolo vedremo perché è fondamentale trattare l’IA con la stessa prudenza con cui si gestiscono le reti aziendali, i backup o la posta elettronica certificata.

L’illusione della privacy: quando la chat non è davvero “privata”

Una delle situazioni più frequenti è l’utilizzo di chatbot avanzati (come ChatGPT, Gemini, Copilot o strumenti simili) per scrivere email, redigere contratti, analizzare documenti, tradurre report o semplificare normative. Ma in questi strumenti — a meno che non si utilizzino versioni enterprise con garanzie contrattuali — i dati inseriti possono essere:

  • conservati nei log temporanei,

  • analizzati per migliorare i modelli di machine learning (salvo opt-out),

  • trasmessi a server esterni al di fuori della UE.

Il risultato? La perdita di controllo sui propri dati aziendali. Anche una semplice copia-incolla di un paragrafo da un contratto riservato può rappresentare un potenziale data breach.

Esempi di rischi reali

Non si tratta solo di teoria. Ecco alcune situazioni già verificatesi in ambito aziendale:

  • Un team legale che inserisce clausole riservate in un generatore automatico di contratti.

  • Un dipendente IT che copia codice sorgente protetto da NDA per “ottimizzarlo” tramite IA.

  • Un reparto marketing che carica una lista clienti su uno strumento AI per generare campagne personalizzate.

Tutte queste azioni, se fatte senza garanzie contrattuali e tecniche, violano il principio di riservatezza e, in alcuni casi, anche il GDPR.

Quali dati NON andrebbero mai inseriti in uno strumento IA pubblico?

Per proteggere la sicurezza delle informazioni aziendali, ecco una lista (non esaustiva) di dati da evitare assolutamente:

  • Dati identificativi di clienti e fornitori.

  • Contratti, preventivi e strategie commerciali.

  • Codice sorgente proprietario.

  • Documentazione interna riservata.

  • Piani di sviluppo, business plan, roadmap.

  • Dati relativi a dipendenti, salari, performance.

Anche dati apparentemente innocui possono diventare pericolosi se combinati ad altre informazioni.

Buone pratiche per un uso consapevole dell’intelligenza artificiale in azienda

L’adozione dell’IA non deve essere frenata, ma guidata con criterio. Ecco alcune raccomandazioni fondamentali:

  1. Non usare strumenti IA generici per elaborare dati sensibili, se non si ha certezza del loro trattamento.

  2. Verificare se l’uso dei dati per il training può essere disattivato (ad esempio in ChatGPT, Copilot, ecc.).

  3. Preferire versioni aziendali (enterprise) o on-premise, che garantiscono maggiore protezione dei dati.

  4. Formare il personale sui rischi legati all’uso dell’IA e aggiornare le policy interne.

  5. Integrare l’IA nei flussi aziendali solo dopo una valutazione dei rischi, esattamente come avviene con ogni nuovo software.

Conclusione: la sicurezza non è un optional

Nel mondo digitale di oggi, la sicurezza delle informazioni aziendali è un pilastro imprescindibile. L’intelligenza artificiale apre scenari rivoluzionari, ma anche nuove superfici d’attacco e fragilità. Usarla in modo inconsapevole significa esporsi a violazioni normative, fughe di dati, perdita di valore competitivo.

Il consiglio è chiaro: formare, informare, proteggere. Solo così l’IA sarà una risorsa sicura e realmente utile alla crescita delle aziende.

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