“Siamo nature’s beautiful glitch”. Luciano Floridi ha accompagnato la platea del teatro Alcione di Milano in un’esplorazione della natura umana, contrapposta, ma non comparabile, a quella tecnologica. “Giocando gentilmente con le idee”, il noto filosofo ha raccontato ciò che ci rende unici e ha messo a fuoco la nostra più grande responsabilità e opportunità: ridisegnare il futuro scomponendo e ricomponendo elementi prima considerati inscindibili.
In un contesto futuristico emblematico della tematica trattata – l’intelligenza artificiale -, si è tenuto ieri, 25 settembre 2024, l’evento “Orbits – Dialogues with Intelligence”, show-how innovativo ideato da Manuela Ronchi e dalla sua Action Holding e prodotto da Action Agency.
Il professor Luciano Floridi, rinomato filosofo dell’informazione specializzato in AI e già docente a Oxford – oggi a Yale – ha offerto a una platea gremita di imprenditori e giornalisti una prospettiva illuminante su ciò che ci rende unici in quanto esseri umani, rifiutando ogni comparazione tra uomo e macchina: “Siamo due cose diverse”.
La prima tappa del tour internazionale si è svolta al teatro Alcione di Milano, su un palco contemporaneo con elementi che richiamavano un’aula universitaria, completo di lavagna e scrivania. Questo formato ha permesso a Floridi di “giocare gentilmente con le idee”, come avrebbe detto Oscar Wilde e ha ribadito il professore, creando un’atmosfera in cui i concetti potevano essere manipolati quasi fisicamente, come in una cucina dell’intelletto, con piatti conditi da citazioni omeriche.
“Human-centric” non funziona
Floridi ha guidato il pubblico attraverso le rivoluzioni che hanno plasmato la nostra comprensione del mondo e di noi stessi. Partendo dalla rivoluzione copernicana, che ci ha rimosso forzosamente dal centro dell’universo, passando per la teoria darwiniana, che ha ridimensionato il nostro ruolo nel regno animale, e le intuizioni freudiane, le quali hanno dimostrato che non dominiamo nemmeno la nostra sfera mentale. Siamo così giunti alla rivoluzione digitale, che ci sta scostando sempre più dal centro dell’infosfera.
Questa serie di ‘detronizzazioni’ ci spinge a riconsiderare la nostra posizione nel mondo e a formulare una nuova “antropologia filosofica” per il ventunesimo secolo. Chi sono? Cosa faccio?
La nostra identità – ha ricordato il filosofo – è sempre più definita in termini informazionali. Siamo diventati “data subjects”, la cui identità oscilla tra l’analogico e il digitale, con il secondo piano che eclissa il primo. Un piano, quello digitale, che è facilmente manipolabile, sfidando i concetti tradizionali di privacy e autenticità. Il digitale permette dunque una “re-ontologizzazione” della realtà, ricreata nell’infosfera.
Stiamo assistendo a un divorzio
L’avvento dell’AI ha separato la capacità di agire dalla necessità di essere intelligenti per avere successo nelle proprie azioni. Per vincere una partita a scacchi, l’AI non ha bisogno di essere intelligente, mentre, senza intelligenza, un essere umano perde in due mosse. Questo “divorzio” tra agentità – quella dell’AI – e intelligenza sta ridisegnando il panorama del lavoro e della produzione.
Non sono gli androidi a raccogliere le fragole, ma macchine non antropomorfe che agiscono in un ambiente progettato per loro. Stiamo adattando l’ambiente alle macchine per permettere a queste di agire efficacemente senza intelligenza.
Dal “cut and paste” al design
Concetto chiave e opportunità sottolineata nella seconda parte dello show-how è quella di ‘ridisegnare’ il nostro futuro, scomponendolo in piccole parti prima considerate indivisibili per ricomporlo con uno scopo, andando oltre il semplice “taglia e incolla”. Il design emerge come nuovo paradigma, passando dalla mimesi (rappresentazione del reale) alla poiesi (creazione). Il digitale ci permette non solo di leggere il “libro della natura” di Galileo – altro riferimento ricorrente -, ma anche di riscriverlo, creando nuovi spazi. La società stessa viene riconcepita, passando da una costruzione dal basso per blocchi a una visione a rete, nella quale le relazioni precedono i nodi che esse costituiscono.
L’eccezionalità umana viene ridefinita: siamo “nature’s beautiful glitch”, un’eccezione non fatale. Questa nuova prospettiva, insieme a un approccio di design, ci offre una responsabilità senza precedenti in termini di autodeterminazione. L’AI ci fornisce gli strumenti per ridisegnare noi stessi e la nostra società, “è una grande, ma bella responsabilità”.
L’era dell’AI non è quindi solo una sfida, ma un’opportunità senza precedenti per ridefinire l’umanità e il nostro ruolo nel mondo. Sta a noi cogliere questa opportunità e plasmare un futuro che rifletta il meglio di ciò che possiamo essere.