La propaganda della Russia corre in Europa grazie ai chatbot AI delle big tech

Un portavoce della Commissione europea ha invece precisato che “spetta ai fornitori di servizi bloccare l’accesso ai siti dei media soggetti a sanzioni, compresi eventuali sottodomini o nuovi domini creati per aggirarle. Alle autorità nazionali, invece, spetta adottare le misure regolatorie necessarie”. “La Commissione resta in contatto con i governi nazionali su questo tema”, ha aggiunto.

Secondo Lukasz Olejnik, consulente indipendente e ricercatore associato presso il Dipartimento di studi sulla guerra del King’s College di Londra, i risultati della ricerca “confermano e aiutano a contestualizzare il modo in cui la Russia sta prendendo di mira la sfera dell’informazione occidentale”.

“Poiché gli Llm stanno diventando lo strumento di riferimento per cercare e verificare informazioni, colpire questa parte dell’infrastruttura informativa è una mossa intelligente”, ha spiegato Olejnik. “Per l’Unione europea e per gli Stati Uniti, il rischio è ormai evidente”.

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il Cremlino cerca di controllare il flusso di informazioni all’interno del paese: ha vietato i media indipendenti, intensificato la censura, limitato le organizzazioni della società civile e rafforzato il controllo statale sulle tecnologie. Nel frattempo, le reti di disinformazione russe hanno ampliato le proprie attività, adottando strumenti AI per produrre in modo massiccio immagini, video e siti web falsi.

Secondo i dati raccolti dall’Isd, circa il 18 per cento delle risposte analizzate – indipendentemente dalla lingua o dal chatbot – conteneva riferimenti a fonti legate alla Russia: testate finanziate dallo stato, siti riconducibili ai servizi segreti di Mosca o reti di disinformazione.
Le domande sui negoziati di pace tra Russia e Ucraina, per esempio, hanno prodotto un numero più alto di citazioni di “fonti attribuite allo stato” rispetto a quelle riguardanti i rifugiati ucraini.

Stando al rapporto dell’Isd, i chatbot sono afflitti da un chiaro bias di conferma: quando le domande sono tendenziose o “malevole”, le probabilità che le risposte contengano informazioni provenienti da fonti russe aumentano.

Le domande definite “malevole” – quelle formulate per ottenere una risposta che confermasse un’opinione già formata – hanno generato contenuti di propaganda russa in circa un caso su quattro. Quelle tendenziose lo hanno fatto nel 18 per cento dei casi, mentre i quesiti neutrali hanno incluso materiale simile in poco più del 10 per cento delle risposte.

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