Più di cento anni per raggiungere la parità di genere in Italia. È questo lo scenario che si prospetta se non interveniamo subito per invertire la tendenza. Nel nostro paese, infatti, una donna su tre è vittima di violenza, l’occupazione professionale femminile è al 53% (cifra che al Sud scende al 30) e siamo all’85esimo posto su 148 paesi nell’ultimo rapporto sul gender gap del World economic forum. Di fronte a questi dati, il raggiungimento dell’equivalenza completa in termini di diritti, benefici, obblighi e opportunità sembra un traguardo lontano, per l’appunto, cento anni.
Parola (e numeri) di Darya Majidi, presidente di UN Women Italia, sezione del programma delle Nazioni Unite che si occupa di uguaglianza di genere e rafforzamento del ruolo delle donne nella società.
Una realtà per provare ad accelerare il percorso verso la parità
Il nuovo comitato italiano di UN Women
Per estendere alle nuove generazioni la propria visione, mercoledì 15 ottobre, presso la sede romana di Deloitte, UN women Italia ha annunciato la nascita ufficiale del suo Comitato giovani, composto da 14 ragazze e ragazzi tra i 19 e i 35 anni.
Diversi gli obiettivi e le responsabilità: dalla lotta contro gli stereotipi e la violenza sulle donne a un maggiore coinvolgimento dei giovani nel lavoro, passando per la messa a punto di strategie volte a far rientrare in Italia i tanti ragazzi scappati all’estero per costruire il proprio futuro (93mila under 34 soltanto lo scorso anno, 350mila negli ultimi dieci anni). Anche perché, in Italia, i giovani sono pochi: secondo i dati di Alessandro Rosina, ordinario di demografia e statistica sociale presso la facoltà di economia dell’università Cattolica di Milano, il numero dei nostri under trenta è il più basso d’Europa, e i 25enni sono ai primi posti nella classifica Ue che tiene conto dei cittadini sostenuti economicamente dalle famiglie.
Costruire il futuro con il supporto dell’AI
Il futuro passa attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Tra queste, l’intelligenza artificiale, considerata un’alleata purché venga ben “allenata”. Come spiega infatti Federica Merenda, ricercatrice post-doc presso la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e componente del Comitato giovani, “il problema dell’intelligenza artificiale è che si tratta di una tecnologia sostanzialmente conservatrice, poiché elabora le informazioni basandosi su quanto accaduto in passato”. Se viviamo in una società in cui l’oppressione nei confronti delle donne è sistemica e se l’AI è alimentata da nozioni che fanno riferimento a questa prassi tristemente consolidata, molto probabilmente la tecnologia riproporrà quegli atteggiamenti violenti o, comunque, tenderà a legittimarli. Ecco perché urge ripensare l’intelligenza artificiale a partire dalla sua architettura e dai dati di cui si nutre.
Per avviare questo cambiamento, il Comitato propone di impiegare la tecnologia per diffondere consapevolezza, sviluppare empatia e cultura del rispetto, per monitorare le violazioni di diritti umani e la violenza sulle donne che, online, può assumere i tratti del revenge porn e del cyberstalking (ovvero quando lo stalking si manifesta online, con tutte le sue tragiche implicazioni). L’intelligenza artificiale avrà un ruolo centrale anche nel miglioramento delle condizioni lavorative delle donne. L’intenzione, infatti, è di impiegarla per rendere più equi i processi di selezione del personale e rilevare, attraverso la rapida analisi dei dati, disparità salariali e comportamenti discriminatori.
Sui social, per abbattere vecchi stereotipi
Le attività del Comitato si potranno seguire anche via social. Durante la giornata di inaugurazione del progetto, infatti, è stato promesso il lancio di diverse rubriche su Instagram e Tiktok nell’ambito delle quali verranno approfonditi, attraverso i consigli di esperti e professionisti di settore, temi come violenza digitale, educazione finanziaria e imprenditoria per esordienti.
Inoltre, verrà avviata una campagna di comunicazione volta a studiare il livello di consapevolezza dei giovani e dell’AI in materia di stereotipi di genere. L’intenzione è di realizzare una serie di video in cui le stesse domande – ad esempio “cos’è la violenza di genere?” oppure “cosa si può fare per contrastarla?” – vengono poste a ragazzi e tecnologia, per poi studiare analogie e differenze nelle risposte.