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Italiani, l'AI tra benefici e rischi è soprattutto una questione politica

Italiani, l'AI tra benefici e rischi è soprattutto una questione politica

Più in generale si stringe la forbice di chi vede l’AI come una minaccia per l’umanità sebbene siano gli stessi padri della tecnologia, da Geoffrey Hinton a Yoshua Bengio, a stimolare pubblico e decisori a una visione più critica dei potenziali rischi: solo il 41,7% pensa che possa condurre a scenari apocalittici.

Il timore è elevato presso gli elettori del Movimento 5 Stelle e Fratelli di Italia mentre crolla al 6,5% fra quelli di Azione, segno di una visione diametralmente opposta. A pesare, in questo sentiment, anche l’età e la professione: pensionati, casalinghe e silver generation sono più preoccupati mentre i giovani la vedono come opportunità. Un dato che può sembrare fisiologico, in quanto questi ultimi tendenzialmente sono più inclini ad assorbire l’innovazione ma che al tempo stesso fa riflettere.

Tuttavia, la consapevolezza del rischio sul fronte del lavoro è ben presente: le fasce 18-24; 25-34; 35-44 sono concordi nel pensare che l’artificial intelligence diminuirà la forza lavoro.

Benefici “pubblici”

Ma non è solo la dimensione privata a rispecchiare certi dualismi di visione e approccio. C’è anche infatti il tema dell’accettabilità dell’uso dell’intelligenza artificiale nei servizi pubblici: per l’83,1% del campione è una possibilità da tenere in conto a fronte di vantaggi per il cittadino. Ma quali più concretamente?

Il miglioramento della qualità del servizio convince trasversalmente il campione e si attesta al 23,2% mentre su altri tipi di benefici, comunque desiderabili, incidono le visioni politiche.

Tra gli elettori progressisti prevale il tema dell’accessibilità del servizio (in particolare per AVS), guardando quindi a minoranze e persone con disabilità (20,83%), mentre a destra si guarda soprattutto alla possibilità che l’uso dell’Ai consenta di pagare meno un servizio (15,91%).

Il fattore maggior velocità e miglior qualità mette complessivamente un po’ tutti d’accordo, mentre a destra prevale tra i benefici accettabili la maggior personalizzazione del servizio, attitudine che testimonia individualismo ma al contempo una lettura valorizzante della tecnologia ai fini della customizzazione.

Occhio però anche a chi rimane nel guado: la visione per cui il suo uso non sarebbe “né rischio né opportunità” è presente un po’ trasversalmente, toccando punte del 23% anche per un partito progressista come il Pd o del 34% per Forza Italia (a destra, ma pur sempre moderato).

Ascoltare la base

Il rapporto con l’intelligenza artificiale è quindi vissuto, consciamente o meno, alla luce di una dinamica fortemente politicizzata. I dati dell’iniziativa promossa da Monitoring Democracy scattano una fotografia del fenomeno, dimostrando che esistono sensibilità peculiari, dal punto di vista generazionale ma anche valoriale. L’artificial intelligence si mostra, lo conferma l’analisi, un tema sostanzialmente divisivo e, al netto dell’utilizzo pure in crescita, più sensibile rispetto a quello della tecnologia “tradizionale” a base di device.

“Comprendere e monitorare queste dinamiche sarà fondamentale per guidare un’integrazione dell’IA che sia non solo efficace, ma anche accettata e legittimata dall’opinione pubblica, scrivono le autrici del policy brief, le accademiche Giulia Cappellaro e Maria Cucciniello.

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