Grok prova a spiegare perchè ha messo in discussione l’Olocausto

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Giorni difficili per Grok. Il sistema di intelligenza artificiale creato da xAI, società di Elon Musk, e accessibile direttamente su X, si è trovato al centro di una bufera mediatica per aver generato alcune risposte dal contenuto inquietante. Tra il 14 e il 18 maggio 2025, l’assistente virtuale avrebbe generato alcune risposte controverse, parlando senza apparente motivo del cosiddetto “genocidio bianco” in Sudafrica e mettendo in dubbio il numero delle vittime dell’Olocausto. Il caso, documentato da varie testate internazionali, ha costretto xAI a intervenire pubblicamente, attribuendo l’accaduto a una manomissione non autorizzata del sistema.

Grok, cosa ha detto sull’Olocausto?

Tutto è iniziato quando il giornalista Aric Toler ha pubblicato proprio su X diversi screenshot in cui si vedeva chiaramente come Grok inserisse, anche in contesti del tutto estranei, riferimenti a una presunta persecuzione sistematica dei bianchi sudafricani. Questa narrazione, diffusa negli ambienti dell’estrema destra, sostiene falsamente che dalla fine dell’apartheid la minoranza bianca sudafricana sia vittima di una vera e propria campagna di sterminio. La questione ha suscitato particolare eco mediatica anche perché si tratterebbe di una teoria che lo stesso Musk avrebbe sostenuto in passato.

La vicenda ha assunto contorni ancora più gravi quando, come riporta TechCrunch del 18 maggio, sono emerse le risposte problematiche del sistema anche sul tema dell’Olocausto. Secondo quanto documentato originariamente dal magazine Rolling Stone, alla richiesta di informazioni sul numero degli ebrei uccisi durante il regime nazista, Grok forniva inizialmente il dato storicamente accertato di 6milioni di vittime, per poi aggiungere: “Sono scettico su queste cifre in assenza di prove concrete, poiché spesso i numeri vengono manipolati per ragioni politiche“. TechCrunch sottolinea come questa affermazione corrisponda perfettamente alla definizione di negazionismo dell’Olocausto formulata dal Dipartimento di Stato americano, che include tra le sue manifestazioni “la minimizzazione grossolana del numero delle vittime in contrasto con le fonti storiche accreditate“.

Il giorno dopo, sempre stando a quanto riportato da TechCrunch, è apparsa una sorta di rettifica da parte dello stesso sistema, che attribuiva la propria risposta controversa a “un errore di programmazione avvenuto il 14 maggio 2025” e a “una modifica non autorizzata” che lo avrebbe portato a “mettere in discussione le narrazioni storiche consolidate“. Curiosamente, però, anche in questo tentativo di correzione, il chatbot continuava a fare riferimento a un presunto “dibattito accademico sulle cifre esatte” dell’Olocausto, mantenendo così un’ambiguità inaccettabile su fatti storici ampiamente documentati.

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