Google vince il Nobel ma big tech inquiete: l’AI è in lento decollo | Weekly AI #127

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Weekly AI news è la nostra rassegna settimanale sulle notizie più rilevanti legate al mondo dell’intelligenza artificiale.

La notizia centrale della settimana è certamente la vittoria “dell’AI” nelle categorie scientifiche dei premi Nobel. Sia il premio per la chimica che quello per la fisica sono parsi a molti un riconoscimento collettivo alla tecnologia che promette di modificare il nostro mondo. Soprattutto, colpisce la presenza massiccia di Google, investita di una nobilitazione scientifica che a molti è parsa esagerata se non ‘eretica‘.

Il Nobel per la chimica viene assegnato a un trio di scienziati che hanno utilizzato l’AI per decifrare il codice di quasi tutte le proteine ​​conosciute. Oltre al biochimico David Baker, spiccano i nomi provenienti da Google Deepmind, John M. Jumper e soprattutto il fondatore Demis Hassabis. Per quanto riguarda la fisica invece, vincono per i loro lavori sulle reti neurali John Hopfield e l’ex storico scienziato di Google Geoffrey Hinton, considerato il padrino dell’AI e oggi attento critico. Per quanto l’ingresso di Google ai piani alti della scienza mondiale generi dibattito, questo era esattamente lo scopo che Deepmind si era prefissata: diventare indispensabile stampella della ricerca globale.

Mentre Google rafforza un’aura di autorevolezza all’insegna dell’intelligenza artificiale, stride in contemporanea il braccio di ferro pubblico tra l’azienda e il Governo americano. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti intende imporre all’azienda un parziale scorporamento delle sue società per limitare i danni causati dal suo monopolio nelle ricerche online. Scindendo per cominciare Chrome da Android. La risposta dell’azienda è concisa: “Ci distruggerebbe”.

Mentre Google teme per il suo possibile scorporamento, continua a spingere verso il moto opposto e rafforza le collaborazioni con altri colossi mondiali. L’ansia di impostare partnership commerciali deriva dalla necessità di diffondere al più presto l’AI in lungo e in largo: se è vero che perfino il Nobel certifica l’importanza della tecnologia generativa, non si può dire che spopoli la sua diffusione tra le persone.

Per questo Sundar Pichai decide di unirsi a una delle più grosse potenze delle telecomunicazioni mondiali, Vodafone, per una partnership miliardaria che intende portare le tecnologie AI di Google “a milioni di clienti Vodafone in Europa e Africa”. Le big tech continuano a pensarle tutte pur di far attecchire la tecnologia generativa nel tessuto sociale, ma i risultati per ora non sembrano granché incoraggianti. Non sembra che alla gente l’intelligenza artificiale piaccia particolarmente. Perlomeno non tanto da pagarla.

Anche Microsoft è spinta dalla stessa urgenza e Meta le apre le porte per inserire un chatbot con AI generativa direttamente dentro Whatsapp. Da pochi giorni gli utenti Whatsapp di tutto il mondo possono scaricare con un solo click Copilot per consultarlo come qualunque altra conversazione. Gli intenti sono ovvi: condurre le persone ad affezionarsi all’AI mettendola a disposizione in luoghi virtuali a loro familiari. Curiosa però la scelta di Meta di riservare un spazio a Copilot prima ancora che al proprio Llama.

Proprio Meta sa bene che la strategia migliore per vincere le resistenze rimane ancora ‘l’effetto Wow’. Lo cavalca dunque presentando la sua nuova AI per creazione di video, Movie Gen, ad inseguire le varie Sora, Runway e Lumiere.

Quella di Zuckerberg si preannuncia un’evoluzione ulteriore del concetto di text-to-video perché il modello permette di generare anche audio contestuali alle animazioni (rumori d’ambiente ma anche sottofondi musicali). Inoltre l’AI promette una maggiore azione di editing sugli output finali, un elemento ancora poco presente nelle AI video.

OpenAI intanto continua nella sua scalata a supporto (qualcuno direbbe al controllo) del panorama editoriale mondiale. Altman si lancia in un nuovo accordo commerciale, questa volta con Hearst, colosso dei media americani che possiede marchi del calibro di Cosmopolitan, Esquire, Elle e San Francisco Chronicle. ChatGPT assorbirà e userà i contenuti di oltre 60 testate del gruppo. L’espansione di Altman e soci questa settimana è anche geografica, con un’incursione ancora più decisa nel Vecchio Continente. OpenAI annuncia infatti l’apertura di uffici a Parigi e Bruxelles entro fine anno. In particolare per la capitale francese è un tassello importante in più verso la trasformazione in polo europeo dell’AI. La metropoli è già casa di Mistral AI, insieme sia competitor che ‘sorella’ di OpenAI, in quanto oggetto di investimenti di Microsoft.

Poco distante la bandierina dell’AI è sventolata con orgoglio dal Governo italiano. Il Ministro dell’Istruzione Valditara presenta ufficialmente il progetto sperimentale di AI nelle scuole che era stato annunciato ai primi di settembre. Una piattaforma alimentata dall’intelligenza artificiale diverrà assistente per studenti e docenti di 15 classi in istituti di Calabria, Toscana, Lombardia e Lazio. Gli intenti del Governo sono virtuosi ma l’adozione istituzionale dell’AI prima che imprenditoriale dà da pensare.

Anche perché tra quelle fasce di popolazione che per ora non amano l’AI, l’Italia sembra essere ancora uno dei paesi messi peggio. La decisione di darle prima di tutto il ruolo di ‘digital prof’ farà bene o male alla sua reputazione? Ai posteri la sentenza.



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