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Cos’è la bufala della “privacy avanzata” su WhatsApp

Cos'è la bufala della “privacy avanzata” su WhatsApp

Segue quindi una piccola guida per attivare le funzioni di privacy avanzata e mettersi al sicuro dal pericolo, con l’invito a condividere quanto più possibile l’allarme e l’emblematica frase finale tutta in maiuscolo sulla necessità di muoversi subito in tutti i gruppi e canali WhatsApp in cui si è presenti.

Cosa fanno davvero le impostazioni avanzate della privacy di WhatsApp

Lo schema è quello già visto più volte (anche su Instagram) con argomenti di attualità, in questo caso le AI e la tutela della privacy. Nonostante Facebook abbia subito inserito l’avviso di contesto mancante e il link all’approfondimento di Facta, molti utenti hanno condiviso il post soprattutto su WhatsApp, creando allarmismo e disinformazione. Le funzionalità di privacy avanzata citate si occupano di tutt’altro: una volta attivate, limitano le capacità degli utenti che non sono amministratori di un gruppo evitando che possano esportare le chat, scaricare file multimediali in automatico oppure richiamare il chatbot Meta AI nel gruppo per interpellarlo.

La possibilità che un’AI possa accedere a informazioni sensibili come addirittura contenuti delle chat singole è del tutto infondata dato che le conversazioni 1 a 1 su WhatsApp sono protette dalla crittografia end-to-end che significa che solo mittente e destinatario possono leggere e vedere ciò che è stato scritto e condiviso, escludendo anche lo stesso WhatsApp o MetaAI e altre intelligenze artificiali dall’accesso.

Cosa può fare l’IA se la privacy avanzata resta inattiva

Non c’è una sfida alla cybersicurezza da neutralizzare e i file e i dati presenti sul telefono non sono minacciati. Resta vero che se la privacy avanzata è disattivata (e lo è per impostazione predefinita) gli utenti di un gruppo possono richiamare il chatbot di Meta nel gruppo per farlo agire nel contesto della conversazione, e (in futuro) fargli riassumere i messaggi non letti per non doverli scorrere tutti. Anche in questo senso però i dati sensibili dei partecipanti restano al sicuro: l’IA svolge il suo lavoro senza che Meta o chiunque altro possa mettere gli occhi sul reale contenuto dei messaggi.

Attivare la privacy avanzata insomma può essere una buona idea per molteplici ragioni (nei gruppi numerosi ad esempio, dove non sempre si sa con chi si stanno condividendo informazioni e file multimediali) ma la protezione dei propri dati sensibili dall’intelligenza artificiale non è tra questi motivi.

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