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Come la nuova Cina sta provando a riempire tutti i vuoti che Trump sta lasciando dietro di sé

Come la nuova Cina sta provando a riempire tutti i vuoti che Trump sta lasciando dietro di sé

In un contesto in cui gli Stati Uniti, sotto Trump, hanno bloccato per anni la riforma del Wto accusando Pechino di slealtà commerciale, la mossa di Li Qiang toglie a Washington un argomento chiave. La Cina sa bene che, sul piano sostanziale, la sua politica industriale e commerciale non cambierà radicalmente. Continuerà a sostenere le proprie imprese statali, a proteggere settori strategici e a usare strumenti di intervento economico che l’Occidente considera distorsivi. Ma ciò che conta oggi è la percezione. E la percezione, nel contesto internazionale, è che Pechino si stia comportando da potenza adulta, pronta a contribuire al “bene comune” globale proprio mentre Washington si chiude dietro le barriere dei dazi e della propaganda nazionalista. Non importa che la mossa abbia pochi effetti concreti: con il ritiro trumpiano, anche il “poco” cinese è più che abbastanza per un mondo a caccia di elementi di stabilità.

Nuova narrativa anche sul fronte climatico

Un altro fronte su cui la Cina si muove con abilità è quello ambientale e climatico. Xi Jinping ha annunciato nuovi obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni: una diminuzione netta del 7-10% entro il 2035 rispetto ai livelli attuali, l’aumento della quota di energie considerate pulite fino al 30% del consumo totale e una crescita vertiginosa delle capacità solare ed eolica. Si tratta di numeri non sufficienti secondo l’Unione europea, ma il loro valore politico è ancora maggiore del loro contenuto tecnico.

La Cina si presenta come un attore responsabile che investe nella transizione ecologica, mentre gli Stati Uniti di Trump negano l’esistenza stessa della crisi climatica. È un ribaltamento di ruoli che Pechino sfrutta con grande maestria comunicativa: davanti a un’America negazionista e litigiosa, la Cina si propone come motore propulsore della transizione, che però va compiuta secondo una sua tabella di marcia. Xi sollecita un’azione più decisa per il clima da parte dei Paesi più sviluppati del mondo, di cui la Cina non si considera ancora parte perché ritiene che il suo sviluppo debba ancora completarsi.

Una posizione che piace anche a diverse economie emergenti, che rivendicano la libertà di inquinare prima di abbattere davvero le emissioni, addossando la responsabilità della loro precedente esplosione ai Paesi più sviluppati dell’Occidente che ora vorrebbero imporre i loro tempi a tutti. Questo atteggiamento si riflette anche nella diplomazia regionale. Pechino ha rafforzato la sua influenza nel Sud globale, proponendosi come interlocutore affidabile per Africa, America Latina e Asia meridionale. Con l’iniziativa Belt and road — ora riformulata in chiave “verde” e “sostenibile” – la Cina offre infrastrutture, tecnologie e finanziamenti a Paesi che si sentono trascurati dall’Occidente.

Tecnologia e soft power digitale

Attenzione anche al fronte digitale. Sul piano tecnologico, Xi ha lanciato l’Iniziativa di cooperazione internazionale AI+, dichiarando che l’intelligenza artificiale dev’essere considerata un “bene pubblico universale”. È un messaggio rivolto soprattutto all’Europa e ai Paesi emergenti: la Cina si propone come forza regolatrice, in grado di guidare un processo di innovazione “etico e condiviso”, in contrasto con l’approccio americano, percepito come deregolamentato, dominato dalle multinazionali e privo di visione collettiva.

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