Esiste una via italiana all’intelligenza artificiale che prova a farsi largo nella foresta del tech globale. Tra le battistrada c’è Datrix, pmi innovativa quotata in Piazza Affari che genera la metà del suo fatturato all’estero (Stati Uniti in testa). “Serve avere una prospettiva diversa rispetto a quello che sta avvenendo in altri contesti”, spiega a Wired l’amministratore delegato della società, Fabrizio Milano D’Aragona. Non bisogna creare doppioni che si trovano si trovano sui mercati internazionale, ma lasciarsi guidare da ciò che c’è in casa.
“Abbiamo spostato il focus sulle caratteristiche del nostro tessuto produttivo e imprenditoriale, un sistema fatto da piccole e medie imprese con un patrimonio di conoscenza che deriva da decenni di manifattura d’eccellenza e di esportazioni in tutto il mondo. Ci sono tutte le condizioni per allenare sistemi e sfruttare nella realtà l’intelligenza artificiale”, racconta Milano D’Aragona.
Datrix sviluppa software verticali di intelligenza artificiale, attraverso i “mattoncini” dei large language model costruiti su misura. “La specializzazione dei sistemi di intelligenza artificiale è un elemento chiave per portare l’AI all’interno delle aziende: un’intelligenza artificiale non specializzata è poco utilizzabile, se non per delle attività semplici”, mette in chiaro l’amministratore delegato.
Da parte delle imprese da poco meno di due anni, rivela, c’è “maggiore interesse ad implementare dei sistemi nei loro processi. Questo significa che esiste un budget di implementazione e c’è una tensione molto forte a partire con progetti che andranno direttamente in produzione. Per noi è un cambio decisivo”.
“L’intelligenza artificiale del fare”
L’obiettivo di Datrix è far sì che l’intelligenza artificiale possa ‘fare’ qualcosa in azienda, con un ritorno sull’investimento chiaro per gli uomini dei conti e “senza cambiare le infrastrutture tecniche né adottare i sistemi cloud”. Il primo semestre 2025 si è chiuso con ricavi in crescita del 9% a 8,1 milioni di euro e l’87% dei ricavi è arrivato dai software di intelligenza artificiale per la monetizzazione dei dati che hanno fatto breccia nell’industria dei media e del marketing, ma non solo.
“Diamo la possibilità ai player come i publisher di monetizzare in maniera avanzata i dati che loro raccolgono – dice Milano D’Aragona. – Un’attività molto avanzata negli Stati Uniti, ma che possiamo fare anche in Europa muovendoci all’interno dei vincoli del Gdpr. Questo aspetto di data monetization lo chiamiamo AI espansiva, che raccoglie tutti quei sistemi di intelligenza artificiale che permettono di trasformare rapidamente dati e informazioni in ricavi. In futuro avrà sempre più importanza, non solo per il mondo dei media: pensiamo alle piattaforme retail che possono diventare a loro volta spazi pubblicitari o per la finanza tradizionale delle banche, che sempre di più stanno diventando dei marketplace sul quale posso aprire il conto, scegliere un’auto da noleggiare o attivare servizi wellness”.
Secondo Fabrizio Milano D’Aragona gli investitori guardano con interesse a queste applicazioni di intelligenza artificiale. “Spesso ci troviamo a discutere su ciò che avviene effettivamente nel mondo dell’intelligenza artificiale, perché vogliono capire l’impatto che potrebbe avere sul tessuto economico dei vari paesi, in particolare dell’Italia. L’intelligenza artificiale non è semplice evoluzione tecnologica, è un paradigma molto invasivo che potrebbe toccare qualunque tipo di ambito, dalla produzione al mondo della gestione delle risorse umane. Gli investitori ci utilizzano quindi anche un po’ come un osservatorio, cercano di capire che cosa sta avvenendo all’interno dell’azienda, quali sono le richieste e soprattutto quanto effettivamente l’AI sta entrando nell’azienda”.