Con il mondo dell’intelligenza artificiale alle calcagna, la Commissione europea non poteva rimanere ferma. Così ha annunciato la pubblicazione del codice di condotta dell’AI Act, il regolamento comunitario sull’intelligenza artificiale. Un pezzo atteso del puzzle con cui la Commissione europea vuole regolamentare una delle tecnologie più sensibili e trasformative degli ultimi anni. E al tempo stesso uno dei più contestati.
Perché mette gli sviluppatori dei modelli di AI di uso generale (GPAI, general purpose AI), ossia quelli addestrati per svolgere vari tipi di compiti (da scrivere un testo a generare un video), davanti a un bivio: o firmi il codice di condotta, che è un atto volontario, e quindi come Commissione europea teniamo conto della tua buona predisposizione d’animo nell’adeguarti alle nostre regole, oppure dal 2 agosto, per ogni nuovo modello di AI che immetti sul mercato comunitario, ci dovrai dimostrare per filo e per segno perché non viola le nostre regole.
I tempi
Il codice di condotta dell’AI Act sarebbe dovuto arrivare ai primi di maggio. Ma il malcontento delle aziende, poi esploso in una serie di appelli firmati da startup e grandi imprese europee, e i tentennamenti degli stessi governi comunitari rispetto al processo di entrata in vigore del regolamento hanno rallentato il negoziato. E ora Bruxelles arriva a pubblicare il documento a tre settimane dalla scadenza che impone agli sviluppatori di modelli di AI di uso generale di affrontare i rischi connessi alle loro tecnologie. Come violazioni del diritto d’autore, trasparenza dei processi e sicurezza informatica.
Ancora più del codice in sé, che parla la lingua della diplomazia, valgono le linee guida della Commissione per interpretarlo. E per quelle, a quanto riferisce un funzionario dell’AI Office, l’ufficio preposto al controllo e all’applicazione del regolamento, ci vorrà ancora una settimana. Quindi arriveranno ancora più a ridosso del 2 agosto. Motivo per cui, è la linea della Commissione, non si posticipa la scadenza estiva nella teoria. Ma nella pratica, chi si dichiara interessato a sottoscrivere il codice, anche successivamente, sarà accompagnato passo dopo passo nell’applicazione. Una soluzione di compromesso per non annacquare dopo il primo anno di entrata in vigore il regolamento su cui l’Unione europea ha scommesso per stabilire il suo approccio all’intelligenza artificiale, alternativo a Stati Uniti e Cina. Ma con sempre meno fan, dentro e fuori dall’Unione.
I 3 capitoli del codice
Il codice di condotta dell’AI Act è articolato in tre capitoli. Il primo riguarda la trasparenza. In sintesi, gli sviluppatori dei sistemi di AI di uso generale dovranno rendere chiaro agli utilizzatori finali o a clienti che li integrano nei loro processi e prodotti come funzionano e come rispettano le regole comunitarie. Una delle persone coinvolte nella scrittura del codice riferisce che sarà realizzato un modello di documento di facile interpretazione da compilare con tutte le informazioni utili all’AI Office e al mercato per valutare il modello.
Poi c’è la voce copyright. Il codice vuole fungere da ponte tra quanto scritto nell’AI Act e quanto previsto dalla legge europea sul diritto d’autore. Chi firma il codice dovrà predisporre una politica interna di tutela del copyright, con accorgimenti tecnici per impedire a siti pirata “conclamati” di rubare dati, per rispettare le eventuali scelte di escludere alcuni contenuti dal processo di addestramento dei modelli, di strutturarsi per identificare le violazioni, fermarle e rispondere ai titolari dei diritti.