Weekly AI news è la nostra rassegna stampa settimanale sulle notizie più rilevanti dal mondo dell’intelligenza artificiale.
Nel corso degli ultimi giorni OpenAI si è distinta per un pacchetto completo di rumors, annunci e polemiche e ha dominato nuovamente il dibattito AI.
Da giorni si susseguono voci sul fantomatico lancio – a dicembre – di Orion, nuovo modello di intelligenza artificiale che promette di essere fino a 100 volte più potente di GPT-4. Sam Altman ha smentito le indiscrezioni parlando senza mezzi termini di fake news. Pochi giorni dopo ha alimentato egli stesso rumors su un’altra creatura di OpenAI, la serie “o”. “Ho sentito che o2 raggiunge il 105% di GPQA”, ossia il set di domande per valutare le performance di un’intelligenza artificiale. È probabile che le indiscrezioni su Orion si siano fuse a quelle su o2. Forse è questo il modello pronto per il lancio, proprio nel mese del compleanno di ChatGPT. Contestualmente il gruppo di Altman lancia per gli account Plus e Team l’attesa funzione Search, con la quale apre alla concorrenza a Google sul suo storico territorio. ChatGPT è dunque ora anche un motore di ricerca, e questa nuova caratteristica aprirà gli orizzonti della sua applicabilità in modi del tutto nuovi. Tanto che anche Meta si mette al lavoro per tenere il passo con la concorrenza. Nel mezzo delle innovazioni però non mancano le consuete controversie.
Nella fattispecie sono alcune personalità vicine a OpenAI a criticare l’operato. Prima il capo della sezione AGI Miles Brundage si rende protagonista dell’ennesima defezione, annunciando le dimissioni e specificando di farlo per senso di responsabilità. Secondo Brundage né OpenAI né nessun altro laboratorio di frontiera sono pronti all’avvento dell’intelligenza artificiale super intelligenza. Poco dopo prende la parola un giovane ex dipendente, il ricercatore venticinquenne Suchir Balaji, che ha lavorato a OpenAI per circa quattro anni prima di lasciare l’azienda per questioni etiche. Balaji sostiene che OpenAI ha violato la legge sul copyright per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale. Il ricercatore sostiene che l’attuale modello di business di OpenAI rischia di sovvertire il business di Internet così come lo conosciamo.
L’azienda, come sempre, non risponde alle accuse. Anzi, preme sull’acceleratore e ritorna su un’esigenza già sull’agenda da diverso tempo: una propria produzione di chip per slegarsi dalla dipendenza da NVIDIA. Altman starebbe collaborando con Broadcom e TSMC per produrre chip a partire dal 2026. Insieme a lei diverse altre big tech sono orientate verso lo stesso obiettivo. Uno scenario, quello della moltiplicazione di produttori di chip, che apre a conseguenze inquietanti considerando le conclusioni del report sull’inquinamento AI della rivista Nature. Secondo le stime, entro il 2030 l’industria dell’AI potrebbe generare tra 1,2 e 5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici.
Non migliora le prospettive in tal senso la presentazione del nuovo robot Atlas di Boston Dynamics. Il livello della computer vision raggiunge oramai performance notevoli (colpisce a riguardo la news dall’India di occhi digitali per monitorare i passaggi di elefanti sui binari ferroviari) e il robot la sfrutta per spostarsi nell’ambiente in cui opera con fluidità e precisione.
Un campo, quello dei robot AI, che configurerà una nuova generazione di strumenti tecnologici disponibili a tutti. La democratizzazione del settore è già iniziata, considerato che gli Optimus di Tesla potrebbero costare (parola di Elon Musk) tra i 20.000 e i 30.000 dollari, pari al prezzo medio di una macchina.
Le ambizioni robotiche di Musk e il suo raggio di azione commerciale dipenderanno anche dalle imminenti elezioni americane considerata la vicinanza dell’imprenditore e Donald Trump. La sfida tra Harris e Trump è la prima elezione statunitense nell’era dell’AI e la campagna elettorale ha registrato un utilizzo dell’intelligenza artificiale soprattutto da parte di Trump.
A raccontare gli effetti dell’intelligenza artificiale sulle decisioni di massa è una storia proveniente da Dublino. Nella capitale irlandese una parata di Halloween ha richiamato migliaia di persone, che hanno appreso però durante l’evento… che non esisteva alcuna parata. La fake news è partita da un sito a tema Halloween creato con AI dalle origini misteriose (forse pakistane forse americane, forse entrambe le cose). Le sue informazioni del tutto inventate si sono diffuse a macchia d’olio tra i dublinesi, ingannandoli in pieno. Un assaggio, proprio alle porte di un’elezione cruciale per il mondo, delle pericolosissime possibilità di persuasione della narrazione artificiale.