All’AI Act non bastano più i sani principi. Ora deve contare i suoi sostenitori tra chi sviluppa i più grandi modelli di intelligenza artificiale

Facebook
WhatsApp
Twitter
LinkedIn
Telegram

Se la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, l’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, rischia di scottarsi molto presto. Perché ad agosto il pacchetto di norme di comunitarie passa dalle parole ai fatti per tutte le aziende che sviluppano grandi modelli di uso generale (General purpose AI, GPAI, ossia che possono fare più cose, dalla scrittura di un testo a un video). Che poi sono quelle che muovono al momento i grandi fatturati del settore e le magnifiche sorti e progressive della tecnologia. Se queste fanno melina, traccheggiano o contestano il perimetro regolatorio, la Commissione europea rischia di trovarsi in seria difficoltà.

Il varco è stretto. E passa attraverso un gioco più grande dell’AI Act, che risponde al nome di negoziato Unione europea-Stati Uniti sui dazi. E che sempre ha nei primi di agosto la sua prossima scadenza. Se la Commissione ha voluto dimostrare di non fare passi indietro, pubblicando il 10 luglio il codice di condotta per i sistemi di AI di uso generale e, venerdì 18, le linee guida per interpretarlo, Meta, che è uno dei destinatari principali del blocco di regole, ha fatto capire che non è benintenzionata verso le scadenze comunitarie.

Meta fa il muso duro

Su LinkedIn, nuovo canale della diplomazia delle piattaforme, il responsabile globale degli affari istituzionali di Meta, Joel Kaplan, ex funzionario della Casa Bianca sotto Bush figlio, ha fatto sapere che “l’Europa sta andando nella direzione sbagliata sull’AI” e che il colosso guidato da MarK Zuckerberg non firmerà il codice di condotta sulle GPAI, un documento volontario introdotto dalla Commissione europea per guidare le aziende nell’adempimento degli obblighi dell’AI Act. E che serve anche da cartina di tornasole per distinguere gli amici dai nemici.

Inutile dire che Meta si è incasellata nei secondi. Non sono più i tempi dell’ottimismo sfrenato dell’economia delle piattaforme. Né gli anni in cui i social sentivano di dover rispondere di qualche responsabilità sociale. Oggi c’è Donald Trump alla Casa Bianca, lo slogan è “America first” e regole europee stanno strette. Zuckerberg fa così l’alfiere del pugno duro delle big tech. E cerca anche di prendersi lo spazio di broligarch preferito lasciato libero dal divorzio tra il presidente degli Stati Uniti e Elon Musk. Quando Unione europea e Stati Uniti si siederanno al tavolo dei dazi, i cahiers des doléances di mister Facebook, fresco di un patteggiamento per cavarsi di impiccio dallo scandalo Cambridge Analytica sull’uso dei dati personali degli utenti del suo social, serviranno come merce di scambio.

Chi dice sì

Più sottile la tattica di OpenAI. Siccome Sam Altman ha bisogno di trovare nuovi spazi in cui piazzare la sua tecnologia (vedi il browser che pianifica di lanciare in concorrenza a Google), l’azienda di ChatGPT ha fatto sapere che sottoscriverà il codice di condotta. Altman guarda più lungo, punta ai progetti di infrastrutture e data center che la Commissione vuole realizzare. E dunque una gigafactory (come a Bruxelles hanno battezzato questo impianti) val bene un po’ di scartoffie da riempire per rassicurare gli europei che ChatGPT rispetta le loro regole. A impegnarsi a sottoscrivere il codice c’è anche Mistral AI, la più importante e finanziata startup europea dell’intelligenza artificiale. Altro sì di peso.

Visite totale 1 , 1 visite oggi

Continua a leggere

Windows Hello non riconosce più i volti al buio

Windows 11 25H2: novità per AI e privacy

Microsoft ha annunciato la disponibilità della nuova build 26200.5710 (KB5062676) di Windows 11 25H2 per gli iscritti al canale Dev del programma

Scorri verso l'alto