OpenAI traina Apple e svela l’AI umana, tra la nuova Europa digitale e timori bellici | Weekly AI #123

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Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale.

L’azienda centrale della settimana è certamente Apple. Non solo per via della clamorosa decisione dell’Unione Europea di obbligo al pagamento di 13 miliardi di euro di tasse mai versate all’Irlanda tra il 2003 e il 2013. Ma soprattutto per il clamore mediatico attorno alla presentazione delle innovazioni dell’azienda, che comprendono l’atteso iPhone 16 e il nuovo sistema Intelligence. Qualcosa lascia perplessi nelle consuete autocelebrazioni di Cook e i suoi. Tutti sanno oramai che Apple non possiede ancora una propria AI e che Intelligence è di fatto un aggregatore dei principali prodotti sul mercato, da ChatGPT a Gemini. Tuttavia Apple non dà enfasi a queste collaborazioni. Anzi, sembra quasi voglia marginalizzarle. Ad un occhio attento il vero protagonista del keynote, seppur mai annunciato né citato, è Sam Altman.

Che nel frattempo festeggia ulteriori risultati importanti. Prima di tutto OpenAI viaggia verso una valutazione pari a 150 miliardi, forte di una trattativa per la raccolta di 6,5 miliardi da una cordata di investitori che comprende l’onnipresente Microsoft, l’indispensabile NVIDIA e, guarda caso, Apple.

OpenAI chiude poi la settimana con un ulteriore botto, rilasciando a sorpresa la nuova serie di modelli o1, in grado di risolvere problemi complessi e subito salutati mediaticamente come “la prima AI che ragiona”. Le prime reazioni sulle performance sono contrastanti, ma di certo c’è che il modello processa molti più dati ed è più ingombrante e costoso rispetto a GPT-4o. L’azienda è come sempre misteriosa riguardo al suo collocamento nel panorama dei suoi modelli. Alcuni dicono sia il tassello intermedio tra 4o e l’attesa versione 5. Ma più probabilmente o1 è già Strawberry, un’anticipazione verso il chiacchierato Orion, potenziale primo esempio della ‘fantomatica’ AGI, ossia l’AI che penserebbe “come gli umani”. Un post su X dell’azienda che comprende l’emoji di una fragola sembra confermarlo. In tal caso, l’AGI è più vicina che mai (o è forse già qui?).

Intanto uno dei suoi principali competitor sul mercato, Google, cerca di fronteggiare un effetto collaterale dell’AI. La sua YouTube annuncia infatti l’introduzione di nuovi strumenti di rilevamento AI per proteggere i propri creatori dalla copia non autorizzata della loro immagine, della loro voce e dei loro contenuti. Un problema che toccherà sempre più ambiti.

Mentre le aziende affrontano ostacoli per convincere gli utenti a fidarsi dell’AI e vendere loro nuovi prodotti, novanta Paesi del mondo tra cui Stati Uniti e Cina discutono in Corea del Sud di un uso dell’AI tutt’altro che ricreativo, quello in ambito militare. Seul ospita infatti un summit di nome REAIM il cui scopo è individuare degli standard condivisi per impedire che le armi autonome prendano decisioni di vita o di morte in contesti di guerra senza un’adeguata supervisione umana.

Una transizione ossimorica ci conduce poi dalla guerra alla cultura: in Italia il ministro dell’istruzione annuncia dal Teha Forum di Cernobbio l’avvio di un progetto scolastico sperimentale che vedrà l’intelligenza artificiale entrare in 15 classi italiane in Calabria, Lazio, Toscana e Lombardia. La tecnologia accompagnerà i docenti nel supporto degli studenti, in un richiamo dell’iniziativa londinese lanciata poche settimane fa.

E sempre a Cernobbio spazio anche a uno sguardo sulle PMI italiane. L’ad di Microsoft Italia Vincenzo Esposito lancia la previsione secondo cui grazie all’intelligenza artificiale l’export manifatturiero italiano potrà crescere fino a 121 miliardi di euro, con un aumento di produttività di oltre il 10 per cento per un’azienda su due nei prossimi due anni. Dipende tutto da come le imprese impareranno a integrarla nei processi produttivi. O meglio, a come inventeranno modi per farlo.

In risposta a questa esigenza sempre più pressante, la Commissione europea lancia un’iniziativa per creare AI Factory in tutta Europa, sfruttando la rete di supercomputer esistente. Le strutture mireranno a fornire risorse computazionali, dati e competenze a startup, industrie e ricercatori, consolidando la posizione dell’UE come leader nell’AI affidabile.

Anche dall’altra parte dell’Atlantico l’AI incontra sempre più interesse tra le istituzioni. Un gruppo di senatori democratici invia una lettera alla Federal Trade Commission e al Dipartimento di Giustizia, in cui chiede di indagare le funzionalità AI che riassumono contenuti online. I senatori temono che queste possano costituire pratiche anticoncorrenziali e che le grandi piattaforme tecnologiche stiano sfruttando la loro tecnologia per trattenere gli utenti sui propri siti, privando così i creatori originali di traffico e ricavi pubblicitari. Un modo di pensare alla questione senz’altro valido.

In generale la Casa Bianca si dimostra sempre più interessata dello sviluppo dell’AI, tanto che crea una task force per coordinare le politiche del governo nel sostegno allo sviluppo delle infrastrutture AI, come i data center. Un passaggio importante per un Paese abituato ad avere prima l’innovazione imprenditoriale e poi quella istituzionale. C’è da sperare che, in una risposta inversamente proporzionale, avvenga il moto opposto in Europa: dopo l’innovazione istituzionale, una vera nascita di quella imprenditoriale.


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