Questo cult horror degli anni 80 è ancora più spaventoso oggi di quanto ricordiate

A quasi quarant’anni dalla sua uscita, The Blob del 1988 continua a essere un’esperienza che mette alla prova anche gli appassionati più temerari. Tra i tanti remake horror che hanno popolato gli anni ’80, questo è quello che più di tutti ha saputo superare la propria origine, trasformandosi in un cult inquietante, ancora oggi capace di far distogliere lo sguardo. Chuck Russell, reduce dal successo di Nightmare 3, firma un film che non si limita a rifare un classico anni ’50, ma lo reinventa radicalmente, portandolo su un piano visivo e tematico molto più spaventoso.

L’originale Blob – Fluido mortale era figlio della fantascienza ingenua degli anni ’50: un alieno gelatinoso, una cittadina tranquilla, un mostro che avanza lentamente. Tutto cambiò nel 1988. Russell porta sullo schermo un mondo più duro, più cinico, più vicino alle paure del suo tempo. La minaccia non arriva più dallo spazio, ma nasce da esperimenti governativi segreti, trasformando la protesta sociale degli anni ’80 in un motore narrativo. Il risultato è un film impregnato di paranoia: nessuno dice la verità, nessuno è davvero al sicuro, e la creatura non è solo un mostro, ma il simbolo di un potere che divora tutto ciò che tocca.

È qui che The Blob diventa davvero immortale.
Gli effetti speciali pratici – oggi quasi impensabili in un blockbuster – rappresentano il cuore pulsante del film. La squadra di Tony Gardner costruisce uno degli antagonisti più tangibili e disgustosi mai visti sullo schermo: membrane viscose, braccia meccaniche, gelatine dense, protesi sanguinolente. Nessun trucco digitale: solo invenzione, manualità, e una dedizione quasi artigianale. Alcune sequenze – come la celebre “morte dalla lavandino” o lo scioglimento impossibile da dimenticare di Paul – hanno segnato l’immaginario horror di un’intera generazione, diventando pietre miliari del body horror.

Ma The Blob non impressiona soltanto con lo spettacolo della creatura. Una delle sue intuizioni migliori è quella di rimettere al centro personaggi imperfetti, fragili, sorprendenti. Brian Flagg, interpretato da Kevin Dillon, è un antieroe sporco, ribelle, distante anni luce dai protagonisti tutti d’un pezzo degli anni ’50. E accanto a lui c’è Meg Penny (Shawnee Smith), una cheerleader destinata a diventare non il contorno del racconto, ma la sua forza motrice. Russell ribalta gli stereotipi del genere: qui la “ragazza da salvare” diventa una vera sopravvissuta, capace di prendere decisioni difficili, reagire e guidare l’azione. Un modello che, anni dopo, avrebbe ispirato molte altre figure femminili nel cinema horror.

In un decennio affollato di capolavori – da La Mosca a La Cosa, passando per HellraiserThe Blob riuscì a distinguersi per coraggio, invenzione e identità. E se oggi è considerato un cult assoluto nonostante il flop al botteghino, non è un caso: il film ha trovato nuova vita nel passaparola, nelle VHS consumate dai fan, nelle notti horror televisive, diventando uno di quei titoli che migliorano (e spaventano di più) con il tempo.

Forse perché parla delle nostre paure più profonde – perdere il controllo, essere traditi da chi dovrebbe proteggerci, essere inghiottiti da qualcosa che non sappiamo nemmeno definire.
Forse perché è un film che non prende scorciatoie, che non edulcora nulla, che mostra ogni frammento del suo orrore.
O forse perché, nonostante siano passati quasi quarant’anni, la sua creatura continua a sembrare incredibilmente viva.

Ecco perché The Blob è ancora oggi un film che non solo spaventa, ma inquieta. Un horror che non si limita a restare negli anni ’80: continua a strisciare nelle nostre paure, pronto a riaffiorare quando meno ce l’aspettiamo.

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