Distorsioni Fest è «il fortino dell’hardcore al Sud»

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«Come a noi piace Donatella Rettore ai giovani piace questo», è l’unica risposta di un’ottuagenaria al carabiniere che presidia la strada transennata del Centro Sportivo Tommaso Valeriano. Entrambi sembrano sospettosi e incuriositi da quello che succede oltre al cancello d’ingresso. Lì dentro c’è un campionario di band pronte a sfidare Donatella Rettore e centinaia di affezionati alla scena emo, screamo, post-punk e hardcore pronti a pogare sui corpi dei suoi fan (con buona pace della Sad).

Da venerdì a domenica quel centro sportivo ha ospitato l’undicesima edizione del Distorsioni Festival con una line up di oltre 20 band tra italiane e straniere. Giusto per fare qualche nome: Sick Tamburo, Quercia, Stegosauro, Milanosport, Bee Bee Sea, Bruuno, Gilla Band, Ditz, Delta Sleep, e tante altre (in mezzo anche High Disaster, Moregrè e All You Can Hate della community di Rockit PRO). Insomma un bello scossone per Acquaviva delle Fonti, paese di 19.000 abitanti nell’entroterra barese. È il primo anno nella venue del Centro Sportivo, che ha anche un piccolo skatepark (per aggiungere punkitudine al tutto), adibito a mostra fotografica per l’occasione. Il passaggio dai 400 posti di prima a più di 1000 serviva contando i 2000 ingressi in tre giorni.

Gente da Distorsioni – foto di Luca Secchi

Parlo col direttore creativo, Andrea Capurso: «Quest’anno c’è gente dalla Germania, dal Belgio, dalla Francia, dall’Inghilterra, dalla Spagna e anche due persone dall’India», che sfoggiano fieri una bandiera sotto al palco principale. Ma anche il pubblico italiano è ben fornito. «La metà dei biglietti è venduta fuori regione», continua Andrea. C‘è chi arriva fin da Modena apposta per sentire le band. Un segno che il festival è fatto bene e la scaramuccia tra punkettari e fan di Donatella Rettore lascia il tempo che trova (e sa pure di stantio), ma più di una persona in paese me ne parla.

Tutti gli under 30 che incontro tra i caseggiati bianchi del centro mi consigliano il Distorsioni e una barista del posto aggiunge: «Noi giovani questa manifestazione la sentiamo, anche se non è molto ben vista dai più anziani». «Ieri sono scoppiato e mi sono offerto di prendere un caffè con chiunque non capisca la portata di un evento del genere per il paese», dice Andrea. Mi racconta di essere tornato dopo anni a Roma per «restituire» un po’ di quello che ha imparato organizzando concerti con Franz Ferdinand e Idles. Ma Meh! e Altrementi Labs – le due associazioni che organizzano l’evento da tre anni – rispondono coinvolgendo i ragazzi e sulle ragazze più giovani, una delle fasce più difficili da portare ai festival musicali. 

Dentro ce ne sono un sacco. I famosi “giovanissimi”, eccoli finalmente. Sono un manipolo di minorenni, con magliette degli Slayer, Slipknot e Van Halen, che impazziscono ascoltando i Bruuno per la prima volta. «Ma questi spaccano!», grida una giovanissima. Gli amici sopraggiungono. E giù a pogare.

Cal Francis letteralmente sopra al palco – foto di Luca Secchi

È un weekend tutto così. Iniziato venerdì con i Ditz, band inglese che ha fatto innamorare chi non li conosceva già. Non c’è una persona con cui parlo che non consegni a loro il premio del miglior live. Mi aggrego al trend. Il cantante Cal Francis è magnetico. Si arrampica sulle impalcature a mo’ di Eddie Vedder, vince l’oro per numero di stage diving, e anche quello per lo stile dei tuffi. Incita la gente a separarsi e al momento giusto ordina il pogo. Forse qualcuno si ricorderà di questa mossa per Salmo. Quando il pubblico è stanco c’è poco da fare, Cal Francis muove il braccio in circolo e con gli occhi sembra dire: “Eh no, non è finita”. E si ricomincia.

Per la seconda serata ci pensano Quercia e Stegosauro ad ammassare il pubblico in un minestrone di gambe lanciate in aria e braccia che sbucano verso il cielo o verso il cantante che si è appena buttato. Le fanbase super compatte delle due band corrono da un palco all’altro per non perdersi nulla dei concerti.

Uno stegosauro e il suo pubblico – foto di Luca Secchi

Già dalla seconda sera sono superati alcuni problemi tecnici della prima. Venerdì qualche microfono non funzionava bene, ma niente di grave. Le band incitano applausi allo staff (più del numero consueto) e si prosegue. I fonici corrono come dei pazzi per sistemare e riprendere senza intoppi. Andrea dice che sono riusciti a mantenere lo spirito punk ma a cambiare la mentalità. «Con un budget da 70.000 euro non puoi fare davvero il punk». 

Mi confida l’obiettivo che lo staff di Distorsioni si è prefissato: «La nostra idea è sempre stata quella di ingrandirci e provare a creare un vero e proprio fortino per il genere al Sud. Sotto Roma è difficile dare esposizione a band di questo tipo e noi siamo sempre stati quelli che si dovevano muovere per andare ai concerti. È sempre stata una missione. Facciamo in modo che anche il Nord si muova per venire al Sud». Stegosauro e Milanosport sono solo due delle band che non hanno mai suonato in Puglia prima.

Cerco qualche pugliese per farmi raccontare il ruolo di Distorsioni nella scena regionale. Incontro un ragazzo, 35 anni di Molfetta, maglietta Black Sabbath. «Non ci sono grandi artisti qui quindi la scena underground è molto sentita. Non conosco la maggior parte delle band che suonano, ma dopo un po’ inizi a conoscere la gente. Vengo principalmente per questo», dice. Non è la sua prima volta al Distorsioni e quest’anno si è portato altra gente. Se le cose sono fatte bene il passa parola funziona sempre.

Exhibit al Distorsioni – foto di Silvia Funari

Faccio un rapido conto delle magliette del pubblico: Korn, Pantera, Deftones, Misfits, ancora Pantera, Pearl Jam, Metallica, My Chemical Romance, Gazebo Penguins, Prodigy. C’è la Puglia che vuole distorsioni e chitarre grattugiate. E forse vorrebbe anche qualcosa in più. Iniziano a suonare i Delta Sleep e il ragazzo di Molfetta sottolinea: «Loro mi piacciono. Fanno canzoni tranquille». Altro che tranquille. Stage diving su batterie da montagne russe. Un sali scendi di ritmi, mentre le chitarre si perdono in assoli labirintici e – neanche a dirlo – inzuppati nelle distorsioni. Questa volta niente stage diving e niente arrampicate, ma la gente non ha smesso di saltare per più di un’ora e mezza. L’argento se lo meritano senza problemi.

Per tre giorni la polvere della ghiaia pestata si mescola al fumo delle sigarette e a quello delle macchine del fumo. Intanto dal palco principale i cantanti si sporgono verso il pubblico, mentre sul secondo palco non ci sono transenne ed è tutto molto più punk. Tacobellas da Modena, anzi: «Hi, we are Tacobellas from Los Angeles!» urlano in nome del loro skate punk sghembo e scarno. Due giorni dopo i Milanosport si rotolano sullo stesso palco e la gente non sa più dove trovare le energie per stargli dietro. 

Tra tutte le band dei tre giorni la più tranquilla sono i Sick Tamburo. Hanno fatto da anello di giunzione tra l’Acquaviva di Donatella Rettore e chi ascolta i Delta Sleep per rilassarsi. Peccato che la signora ottuagenaria se li sia persi, si rifarà l’anno prossimo.


L’articolo Ad Acquaviva c’è la vera Sonic Youth di Martino Fiumi è apparso su Rockit.it il 2024-08-27 11:16:00



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