Con Predator: Badlands, Dan Trachtenberg ha riportato sul grande schermo uno dei mostri più iconici del cinema, spingendo il franchise verso territori ancora inesplorati. Dopo l’ottimo riscontro di Prey e Killer of Killers, il regista torna con un capitolo che rinnova la mitologia dei cacciatori Yautja, questa volta ambientato sul pianeta Genna, dove si intrecciano azione, tensione e riflessioni sul futuro dell’umanità. Il film però ha già acceso un intenso dibattito tra i fan, divisi su alcune scelte narrative e visive.
Tra queste, una in particolare ha attirato l’attenzione del pubblico: la comparsa del logo della Weyland-Yutani Corporation, simbolo inconfondibile della saga di Alien. Un dettaglio che all’inizio sembrava un semplice omaggio, ma che con l’uscita del film si è rivelato un elemento strutturale della storia. La presenza della celebre compagnia, infatti, collega Predator: Badlands all’universo di Alien più di quanto si potesse immaginare, riaprendo un dialogo tra due mondi che da decenni si inseguono sul grande schermo.
Nel film, Elle Fanning interpreta Thia, un androide creato proprio dalla Weyland-Yutani, affiancata da Dimitrius Schuster-Koloamatangi nel ruolo di Dek, un giovane Predator costretto a un’alleanza inedita per sopravvivere a una nuova minaccia. Ed è proprio la presenza della compagnia a scatenare il dibattito: Predator: Badlands è ambientato più avanti nel tempo rispetto a qualsiasi capitolo precedente, anche oltre Alien: Resurrection. Ma in quel film, ambientato nel 2381, la Weyland-Yutani non esiste più: è stata sciolta nel 2349 dopo la messa al bando di tutte le megacorporazioni.
Come può dunque essere ancora attiva? È questo il punto che ha fatto storcere il naso ai fan di Alien, convinti di aver individuato un buco di trama evidente. La contraddizione è chiara: se Badlands è ambientato dopo Resurrection, la comparsa della Weyland-Yutani non dovrebbe essere possibile. Tuttavia, è difficile pensare che Trachtenberg abbia ignorato volutamente questo dettaglio. Il regista ha più volte spiegato di aver voluto collegare organicamente le due saghe, suggerendo che la compagnia possa essere tornata in vita in una nuova forma o che alcune sue divisioni abbiano continuato ad agire nell’ombra, lontano dai controlli ufficiali.
Il tema non è casuale: in un’intervista a CinemaBlend, Trachtenberg ha anche rivelato di aver inserito un omaggio diretto a Alien: Romulus di Fede Álvarez, riprendendo l’idea visiva degli occhi che si rovesciano mostrando la “W” della Weyland-Yutani. Un dettaglio sottile ma significativo, che sottolinea la volontà di mantenere vivo un filo invisibile tra i due universi. Anche se il regista ha escluso la presenza degli xenomorfi, la compagnia resta il ponte più forte tra le due saghe.
Con queste scelte, Predator: Badlands non solo rinnova l’immaginario visivo dei film sugli Yautja, ma rilancia anche la possibilità di un futuro crossover. E se oggi la presenza della Weyland-Yutani appare come un’incongruenza, potrebbe presto diventare il primo indizio di una nuova fase narrativa che unisca, ancora una volta, due dei miti più longevi della fantascienza contemporanea.
Leggi anche: Dopo 38 anni un dettaglio sul Predator originale è stato finalmente confermato
© RIPRODUZIONE RISERVATA


