Questa è l’estate dei Fuck your Clique

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D’estate si va in tourin tele o in ferie. L’importante è non fare nuova musica, almeno in Italia. A meno che non siate fuori e lo facciate apposta a “droppare” due pezzi in rapida successione mentre tutti gli altri attendono il loro turno nelle loro ridotte di Sabaudia. Stiamo parlando di Fuck Your Clique, colletivo romano formato da Disa, Kimyo e Pupis (più vari ed eventuali altri moniker). Il gruppo è nato nel 2018, conosciuti, da loro racconti, per giri e passioni comuni, dalla musica ai videogame e i vari luoghi di ritrovo digitali dell’epoca. Ansiosi di non aver nulla da invidiare ai pionieri americani, i commentatori di casa nostra iniziarono perciò a chiamare quella nidiata con espressioni tipo “Generazione SoundCloud”, dal nome della piattaforma su cui i ventenni di allora ascoltavano rap d’oltreoceano (nei suoi vari “sottogeneri” emergenti) e caricavano i loro primi esperimenti musicali, nati quasi sempre in cameretta.

Facevano rap e lo fi, oppure elettronica, c’era anche un filone più “cantautorale”. Tutto molto DIY, ricco di collaborazioni e di credits infiniti, spesso caratterizzato da un’estetica minimale ai limiti del punk (con una discreta passione anche per l’emo) e da testi provocatori o LOL e “memistici”. Nel calderone finivano artisti (o prospetti d’artista) molto diversi tra loro, uniti solo dal dato anagrafico e dal totale affrancamento da label e logiche di mercato (sarebbe durato molto poco). Molti di questi nomi erano o sarebbe diventati amici tra di loro. C’erano Drast e Kvneki, che avrebbero poi trovato la loro strada (e che strada) comune sotto il nome Psicologi, c’erano i Tauro Boys e Radical o i Thelonius B.Roma andava per la maggiore, in effetti. Ad allargare il giro si potrebbe arrivare fino a Rosa Chemical, Sxrrxwland, thasup o Tutti fenomeni. Ognuno metta i suoi paletti, era giusto per dare un po’ di contesto. 

Di questo fenomeno, magmatico, confuso, ombelicale eppure caciarone, iFuck your Clique sono sempre stati una componente importante. Per le loro rime e per la loro capacità di unire i puntini, che li portò a dare vita a una serata come Fuck your Party, evento che ha portato sul palco un sacco di nuovi artisti di grande interesse (“oggi un artista è per forza di cose anche un imprenditore”, hanno raccontato una volta in un’intervista i FYC, una frase che può suonare strana per chi fa parte di altre generazioni).

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Allo stesso tempo il collettivo pubblicava una serie di canzoni che diventanopiccoli culti nel loro circuito di riferimento, e che venivano totalmente ignorati dal mainstream. Si va da Virginia Raggi a La canzone della sborra.Ci sono poi due pezzi comeRock in RomaeNameless, create in occasione della partecipazione dei Fuck your Clique alle due importanti rassegne (nel primo caso in apertura agli amici Psicologi). Inauguravano così una serie di brani di “dissing totale” (ma benevolo, ci arriveremo) ai propri colleghi, perculati dall’inizio alla fine del pezzo.

Arriviamo a oggi. All’interno di una discografia chenon segue in alcun modo le traiettorie tradizionali, nel giro di poche settimane sono usciti due nuovi brani: prima Estate di merda e poi NGMI. Il primo è un pezzo del tutto inaspettato, una ballatona pop rock (sì, insomma, ci siamo capiti) che parla di estati adolescenziali, tra sfighe ataviche, voglia di “non aver mai scoperto la fregna” e nerdate davanti ai videogame. Il video alterna la storia del trio da piccoli, alle prese con la scoperta del mondo, e loro oggi, vestiti di tutto punto che si abbracciano in mare come se fossero Il volo. Molto divertente e ben fatto. Tra gli antitormentoni di casa nostra, d’ora in poi merita un posticino. 

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A stretto giro arriva NGMI, ossiaNever Gonna Make It. Qua si torna al rappone, via ogni atmosfera alla “Stand by Me – Discord Edition”, piuttosto il video fa un chiaro riferimento a South Park, dei cui protagonisti i tre Clique indossano letteralmente i panni. Il brano riprende il discorso iniziato con Rock in Roma eNamelesse infila una dopo l’altra, alcune molto cattivi e altre ferocissimi, punchline su una ventina di colleghi rapper. Il pezzo è, da tradizione del collettivo, scorrettissimo, con riferimenti a orientamenti sessuali, abusi di droghe e altre cose indicibili, tipo la M-Word (Mongoloide, che se no non si capisce). 

Complice la succosità del prodotto e del pluri-flame che genera, ma anche l’assenza di argomenti su cui scannarsi per via della pausa estiva, online il pezzo comincia a girare parecchio. Le varie community di appassionati di rap e dintorni iniziano a rimbalzarlo, analizzarlo, commentarlo. In rete si trovano vari canali di reaction che si esprimono sul videoclip. Si dividono tra chi dice “cagata, cercano solo visibilità”, chi tifa “querela” e chi lo reputa “geniale” o chiama in causa il primo (o forse il secondo) Fibra. È un pezzo divisivo, quindi ci sta.

Qualche riflessione a margine. Non è che i FYC se ne siano saltati fuori ora e cerchino di vampirizzare la popolarità degli artisti citati per fare il girare il proprio nome. Questa è proprio la loro cifra stilistica, piaccia o meno, visto che di provocazioni di questo tipo nel loro repertorio se ne trovano parecchie. Alcune rime funzionano meglio, altre meno, alcune sono gratuite altre un filo più raffinate e sono sicuramente quelle che faranno più incazzare. Quote preferita: “Salgo sul palco dell’Ariston e dico: Continuate il genocidio. Adesso il direttore della Rai è il mio migliore amico”.

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Ci sono cose che vanno oltre, ma è proprio quello il gioco ovviamente. Circa la pioggia di querele ventilata nei commenti online, immaginiamo che più di uno degli artisti citati sia loro amico e gli altri tendano a fottersene (o per lo meno ce lo auguriamo per la loro credibilità). Nel suo genere, è un gran bel pezzo. Con un pregio. Al di là dei nomi citati, su cui al massimo si può sorridere o ci si può indignare per pochi istanti, la critica al “sistema” – che sintetizzano nel ritornello: “Non ce la farete mai. Dieci dischi e fai venti persone live, c’hai trent’anni, frate’, dove cazzo vai?” – sta più che in piedi. 

Il mondo del rap oggi, oltre che omologato, appare pacificato. C’è gloria e almeno un po’ di soldi per tutti. Da qui featuring molteplici, collaborazioni, scazzi che rientrano, famiglie artistiche allrgatissime. Che qualcuno da fuori – e con il loro percorso i Fuck your Clique non possono essere accusati di fare parte di una qualunque forma di presunto “establishment” – si prende ancora la briga di rompere i coglioni a chi al momento conduce le danze, e lo faccia attraverso dell’arte e non un commento sbracato sui social, ben venga. 


L’articolo Questa è l’estate dei Fuck your Clique di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-08-22 10:11:00



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