L’AI non ci ruberà il lavoro come pensavamo, lo studio

Da quando ChatGPT è comparso nelle vite di tutti, gli studi apocalittici sul mercato del lavoro si sono moltiplicati come funghi dopo la pioggia. L’intelligenza artificiale avrebbe spazzato via professioni intere, lasciando schiere di disoccupati a vagare per le strade con curriculum inutili e competenze obsolete. Eppure uno studio dell’Università di Yale ha deciso di guardare i dati invece di cavalcare il panico collettivo, e la conclusione è meno drammatica del previsto.

Studio di Yale sull’impatto dell’AI sul lavoro: l’apocalisse occupazionale non c’è (per ora)

I ricercatori hanno confrontato l’arrivo dell’intelligenza artificiale con altri terremoti tecnologici del passato, tipo i computer e Internet. Hanno analizzato la cosiddetta composizione professionale, ovvero come sono distribuiti i lavoratori tra i vari settori dell’economia. L’idea è verificare se nei 33 mesi dall’uscita di ChatGPT la situazione è davvero cambiata in modo catastrofico rispetto a quando sono arrivate le precedenti rivoluzioni digitali.

Il risultato? Tutto molto simile. Niente tsunami occupazionale, nessuna decimazione di interi settori. Anche concentrandosi su ambiti che dovrebbero essere particolarmente vulnerabili all’AI, come finanza, informazione e settori affini, la stabilità prevale sullo sconvolgimento. Persino i giovani diplomati in cerca del primo lavoro, quelli che secondo le previsioni più cupe avrebbero trovato solo porte sbarrate e algoritmi al loro posto, se la cavano meglio di quanto previsto.

La conclusione dello studio è chiara e quasi deludente per chi ama le narrazioni distopiche: Se l’inquietudine riguardo agli effetti dell’AI sul mercato del lavoro è largamente diffusa, i nostri dati suggeriscono che resta largamente speculativa. Il quadro dell’impatto dell’AI sul mercato del lavoro che emerge dai nostri dati riflette principalmente stabilità, non una perturbazione maggiore su scala economica.

Certo, ci sono stati licenziamenti legati all’intelligenza artificiale. I primi casi di dipendenti sostituiti da ChatGPT risalgono a due o tre anni fa, e alcune aziende hanno effettivamente preferito gli agenti AI ai lavoratori umani. Ma questi episodi, per quanto reali e drammatici per chi li ha vissuti, non configurano ancora l’apocalisse occupazionale preannunciata da tanti rapporti allarmisti.

Un avvertimento

Prima di stappare lo champagne, i ricercatori di Yale si affrettano a precisare un dettaglio non trascurabile: questa è una fotografia del presente, non una previsione del futuro. L’analisi non predice il futuro. L’intelligenza artificiale ha appena iniziato a mostrare cosa può fare. Trentatré mesi non sono poi così tanti.

Internet e i PC hanno impiegato anni per trasformare completamente il mercato del lavoro, creando professioni nuove mentre ne cancellavano altre. L’AI potrebbe seguire lo stesso percorso, solo più velocemente. O più lentamente. O in modi completamente diversi che nessuno studio attuale può prevedere.

Il panico generalizzato potrebbe essere prematuro, ma anche la tranquillità assoluta sarebbe ingenua. La verità sta probabilmente sta nel mezzo. Sarà un processo graduale, ma la maggior parte delle persone si adatterà, come ha sempre fatto quando un’innovazione tecnologica ha rivoluzionato il mondo del lavoro.

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